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Sergio Sorella
CAMPOBASSO – L’Istituto Professionale di Campomarino non ha i numeri per ottenere una classe prima. In questi giorni ci sono genitori di alunni che vi si iscrivono per formare la classe. Casi simili ci sono anche altrove in regione. Gli alunni diminuiscono (negli ultimi dieci anni si sono persi oltre 8.500 alunni ed il prossimo anno scolastico vedrà altri 1.000 in meno nelle scuole molisane), la politica regionale non ha fatto scelte in merito alla rete scolastica e tutto diventa più complicato.

In Molise, lo sappiamo, la giunta regionale ha deciso di non affrontare il nodo del dimensionamento delle istituzioni scolastiche. Ha messo nel cassetto qualsiasi ipotesi su dove fare scuola e su quale deve essere l’offerta formativa territoriale da dare agli studenti molisani. E’ un argomento oggetto di discussioni occasionali, tese soprattutto a difendere l’esistente. Si tratta di una politica miope che determina vari problemi. Vediamone alcuni.

Non si nominano dirigenti scolastici nelle sedi sotto dimensionate, ed allora si dà luogo alle reggenze (ben 10 su 45 d.s.), in cui un dirigente scolastico è a mezzo servizio su più scuole, con inevitabili ricadute negative sul versante organizzativo e gestionale. Per la secondaria superiore non si procede a delineare una offerta formativa territoriale, individuandone le aree e gli indirizzi; non si può fare la stessa cosa dappertutto.

Non si costituiscono i poli professionali, quelli tecnici e quelli liceali, strumenti indispensabili per affrontare in maniera organica anche il tema della sopravvivenza e della valorizzazione delle scuole nelle aree interne. Nelle superiori abbiamo, invece, istituzioni scolastiche accorpate solo per esigenze di numeri e non di percorsi formativi omogenei. Così, ad esempio, non si garantisce la possibilità di passare da un indirizzo all’altro.

Si tratta di un tema attualissimo, considerato che più di un terzo degli studenti dichiara di aver sbagliato nella scelta della scuola superiore. E la dispersione scolastica è una delle piaghe del nostro sistema d’istruzione, come lo è il basso numero di ragazzi che si laureano (quasi la metà rispetto agli altri paesi europei). Il piano di dimensionamento potrebbe rappresentare un modo efficace per affrontare la crisi strutturale di alunni ponendo al centro, non la competizione tra le scuole, che non devono giocare a chi si accaparra più studenti, ma la diversificazione chiara e riconoscibile dei percorsi di studio, evitando duplicazioni di indirizzi nei singoli territori, consentendo agli studenti di poter scegliere in base alle loro aspirazioni e alle loro competenze acquisite. Dando, inoltre, la possibilità di consentire ripensamenti in corso d’opera, senza traumi o penalizzazioni.

Eppure gli strumenti per intervenire ci sono tutti. Occorre la volontà politica. Si continua a gestire le emergenze. Ma esse presentano il conto, e senza un progetto credibile si va verso situazioni di grave disagio. Chiudono corsi ed indirizzi, si impoverisce il panorama delle possibilità date agli studenti, si continua a fare la guerra tra poveri, non si combatte la dispersione scolastica. Poi, nei dibattiti, si ripete che occorre investire nei settori della conoscenza per affrontare, in maniera attrezzata, la complessità del mondo e per dare un contributo alla crescita ed allo sviluppo dei nostri territori.

Ma, lo sappiamo, in Molise non abbiamo un assessore regionale con delega all’istruzione, non abbiamo una legge regionale sulla materia. Non è dato di conoscere come la regione intenda affrontare queste emergenze che rimandano a carenze strutturali (tra un po’ inizierà l’anno scolastico e si riparlerà di edifici non a norma e di sicurezza non garantita) ma anche alla mancanza di un progetto per garantire agli studenti molisani una scuola pubblica di qualità.

Ad esempio, con il polo professionale nel basso Molise, il tema della costituzione della prima classe a Campomarino si sarebbe potuto affrontare diversamente.
Sergio Sorella
Presidente nazionale
Associazione professionale Proteo Fare Sapere
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