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TERMOLI _ Il recente documento della Chiesa italiana sul meridione offre elementi di riflessione anche in vista del prossimo futuro che attende la nostra città. Il documento tocca molti temi, di natura istituzionale, etica, civile ed economica. Vale la pena sottolinearne alcuni passaggi per la riflessione comune. Il cambiamento istituzionale degli ultimi anni riguardanti l’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, non ha scardinato meccanismi perversi o malsani nell’amministrazione della cosa pubblica, né ha prodotto quei benefici che una democrazia più diretta nella gestione del territorio avrebbe auspicato. Accenti di particolare gravità ha assunto per esempio la questione ecologica: nel quadro dello stravolgimento del mondo dell’agricoltura, sono progressivamente venute alla luce forme di sfruttamento del territorio che spingono con evidenza a prendere in considerazione modelli di sviluppo ecosostenibili.

La povertà è un fenomeno complesso che non risparmia nessuno. I dati negativi riguardano anche il nostro territorio (vedi il recente rapporto Caritas), caratterizzato dalla presenza di molte famiglie monoreddito, con un alto numero di componenti a carico, con scarse relazioni sociali ed elevati tassi di disoccupazione. Questa situazione è favorita dalla bassa crescita economica e da una stagnante domanda di lavoro, che a loro volta provocano nuove povertà, accentuano il disagio sociale e sollecitano risposte non più rinviabili. La disoccupazione tocca in modo preoccupante i giovani e si riflette pesantemente sulla famiglia, cellula fondamentale della società. Non è facile individuare quali possano essere le migliori politiche del lavoro da realizzare: i candidati sindaci presentano le loro ricette ma il problema appare molto più grande dei migliori propositi.

Certamente, però, si deve onorare il principio di “sussidiarietà” e non tralasciare la formazione professionale. I giovani non devono sentirsi condannati a una perenne precarietà che ne penalizza la crescita umana e lavorativa. La disoccupazione non è frenata o alleggerita dal lavoro sommerso, che non è certo un sano ammortizzatore sociale e sconta talune palesi ingiustizie intrinseche (assenza di obblighi contrattuali e di contribuzioni assicurative, sfruttamento, ecc.). Il problema del lavoro, soprattutto giovanile, è attraversato da una “zona grigia” che si dibatte tra il non lavoro, il “lavoro nero” e quello precario; ciò causa delusione e frustrazione e allontana ancora di più il nostro mercato del lavoro dagli standard di altre aree. Il flusso migratorio dei giovani, soprattutto fra i venti e i trentacinque anni, verso il Centro-Nord e l’estero, è la risultante di queste contraddizioni. Oggi sono anzitutto figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale categoria dei nuovi emigranti.

Anche tra noi si lamenta la fuga di cervelli, i migliori. Questo cambia i connotati della nostra società, privandola delle risorse più importanti e provocando un generale depauperamento di professionalità e competenze, soprattutto nei campi della sanità, della scuola, dell’impresa e dell’impegno politico. In una prospettiva di impegno per il cambiamento, soprattutto i giovani sono chiamati a riappropriarsi della libertà e della parola in una società democratica, ma essi sanno bene che cosa significhino favori clientelari consolidati, gruppi di pressione, territori controllati, paure diffuse, itinerari privilegiati e protetti, concorsi pilotati. Ma sanno anche che le idee, quando sono forti e vengono accompagnate da un cambiamento di mentalità e di cultura, possono vincere i fantasmi della paura e della rassegnazione e favorire una maturazione collettiva.

Essi possono contribuire ad abbattere i tanti condizionamenti presenti nella nostra realtà. Per questa ragione, la dimensione educativa deve svolgere un ruolo primario: uno sviluppo autentico e integrale ha nell’educazione le sue fondamenta più solide, perché assicura il senso di responsabilità e l’efficacia dell’agire, cioè i requisiti essenziali della passione e della capacità di iniziativa. I veri attori dello sviluppo non sono i mezzi economici, ma le persone. E le persone, come tali, vanno educate e formate: lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune.