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Crocifisso
TERMOLI _ Si è già detto e scritto tutto e il contrario di tutto, su ogni organo di stampa, sulla sentenza della Corte europea a proposito del Crocifisso nelle aule scolastiche, per cui non essendo il caso di ripetere, conviene andare possibilmente oltre e tentare una riflessione diversa e radicale sui simboli, il loro uso e significato, la necessità o meno di segni esteriori visibili per l’uomo e per la società, segni rappresentativi di qualcosa, codici di un linguaggio attraverso i quali l’uomo comunica, dice, ricorda, attesta, intende rendere permanente un episodio, una persona, un luogo. Ogni segno è un elemento culturale, anzi il primo elemento culturale di una civiltà, intendendo culturale nel senso di visione globale della realtà. Per individuare e conoscere la cultura di una civiltà occorre scoprire i suoi segni visibili e imparare a leggerli e interpretarli, segni che quella civiltà ha sentito il bisogno di esprimere nelle forme proprie (graffiti, totem, tatuaggi, cimeli vari, epitaffi, sculture, veli, amuleti e monili). L’uomo continua a porre segni lungo il suo percorso storico; lascia tracce del suo passaggio che le epoche successive amano riscoprire, capire, mettere in evidenza. É in fondo, in senso molto lato, il senso del gesto artistico, nelle sue forme primordiali, infantili, arcaiche; il primo moto di espressione dell’uomo è il gesto, il segno visibile. E, come ormai è assodato dalle scienze antropologiche, l’espressione artistica, pittorica, scultorea e architettonica, è la spia più luminosa della cultura di una certa epoca, delle sue caratteristiche e dei suoi elementi essenziali e costitutivi.

La religione da sempre è l’ambito privilegiato in cui si è espresso e si esprime questa esternazione naturale dell’uomo e delle società nel corso della storia, dato questo innegabile e che nessuna legge o sentenza potrà mai abolire o negare; sulla sua rilevanza pubblica si sta dicendo molto, ma è a tutti palese che un autentico credente, di qualunque fede, pur vivendola nel suo privato, l’assume come orizzonte globale della sua vita anche pubblica e spesso condividendola con altri pone gesti pubblici espressivi del sentire comune, se non gli è impedito da leggi repressive della libertà di espressione. Anche la religione civile ha la sua liturgia, i suoi simboli laici, più o meno condivisibili, più o meno condizionanti, codificati da norme e costituzioni, simboli che esprimono la cultura (l’insieme dei valori) di quella nazione, di quel popolo; e francamente viene anche da sorridere quando a questi simboli si assegna un valore eccessivamente… trascendente. Inoltre ogni regime ha lasciato i suoi simboli, che sono testimonianza di un’epoca, pur se superata o addirittura rinnegata.

A Berlino hanno lasciato in piedi qualche metro di quel famigerato muro, Auschwitz è diventato un museo con i suoi reperti tragici, stanno lì per le future generazioni. Intitoliamo edifici, scuole, strade, piazze e altro a personaggi del passato, morti e sepolti, da alcuni amati da altri un pò meno. Siamo circondati da simboli, viviamo immersi in una simbologia che possiamo avvertire anche asfissiante ma sono il segno di un’epoca che è passata, o dell’epoca che stiamo attraversando, ci piaccia o no. Insomma non possiamo vivere senza simboli, privati e pubblici, nessuno ne è privo, anche inconsapevolmente; preferiamo i nostri, non tanto quelli degli altri, perché non li capiamo, perché non ci dicono niente, anzi a volte perché rinnegano quello che attestano i nostri.
Ma in un tempo di meticciato sempre più diffuso, in contesti ormai sempre più multietnici, multiculturali e multi religiosi, forse è più urgente e necessario che tu conservi i tuoi…, a scanso di equivoci, confusioni e sincretismi vari, fino a quando non te li sottraggono con violenza.

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1 commento

  1. Non rinunciamo al crocifisso a scuola
    Non possiamo dimenticare chi siamo, non possiamo rinunciare al crocifisso, simbolo della nostra fede. Come si fa. I musulmani tengono stretto il loro credo e lo difendono a spada tratta, noi invece, cosa facciamo?