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TERMOLI – “Quello che si profila per i quattro centri ambulatoriali di riabilitazione molisani facenti capo alla Fondazione Padre Pio Onlus di San Giovanni Rotondo è a dir poco sconcertante: cessione del ramo aziendale senza il coinvolgimento della Regione; 26 unità di personale rassicurate, per il momento, solo a parole; prestazioni sanitarie specialistiche che rischiano di essere tagliate e di arrecare ulteriori aggravi di spesa per gli utenti” sono solo alcune delle motivazioni che hanno indotto il vicepresidente del Consiglio regionale Filippo Monaco a presentare una interrogazione urgente sia al Presidente delle Regione – il quale, nel suo mandato, ha in carico la delega alla Sanità – che all’assessore alle Politiche sociali per chiarire meglio la vicenda della cessione ad altra società dei quattro centri di riabilitazione di Termoli, Larino, Santa Croce di Magliano e Montenero di Bisaccia. “Sollecitato dal personale dell’Istituto Padre Pio, ma soprattutto dall’utenza, mi sono interessato della vicenda e, dai documenti alla mano, il quadro mi è apparso ancora più intricato: verbali di riunioni riguardanti la cessione aziendale cui la Regione Molise – che, nel 2012, tramite DCA n.64 ha accreditato e convenzionato gli ambulatori Padre Pio nel nostro territorio per una cifra che si aggira attorno al milione di euro – non ha mai partecipato; nuove società che si costituiscono e che acquisiscono rami aziendali di altre società senza che la parte pubblica venga interpellata; convenzioni ancora in piedi che non si sa che fine faranno; personale e utenti che non sanno se verrà mantenuta la loro professionalità e la cura delle loro patologie. Per queste ragioni ho inteso chiedere chiarimenti sia al Presidente della Regione-Commissario ad acta che ha ereditato,dal precedente governo regionale, l’accreditamento degli ambulatori, sia all’Assessore alle politiche sociali, il quale ha già incontrato sia i sindacati che alcuni lavoratori, affinchè questa intricata vicenda venga chiarita ma, ancor più, che a pagarne le spese non siano ancora una volta coloro che prestano la propria professionalità e gli utenti che, delle cure riabilitative, necessitano per poter vivere”.
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