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Il Movimento 5 stelle rivendica di essere oggi l’emblema del “partito dell’onestà”, come un patrimonio esclusivo, oltre a restare nel vago, l’associa in genere al rispetto rigoroso della “legalità”. Concetto altrettanto vago, perché rinvia a una determinata struttura di interessi giuridicamente espressi in un ordinamento riconosciuto, da cui le singole disposizioni discendono.
Di essa si può dire soltanto che l’inosservanza della legalità vigente, quale che sia il nostro giudizio sulla legittimità retrostante, porta a sanzioni penali o meglio alla probabilità di tali sanzioni, visto che la coerenza nell’applicare la legge è del tutto smagliata.
Quindi chi viola la “legalità” rischia, magari per ottimi motivi, per esempio per instaurare una nuova legittimità. Quante accuse di devastazione e saccheggio o attentato ai poteri dello stato hanno colpito chi si batteva contro la guerra o per difendere il carattere pubblico di scuola e università o altri beni comuni?
Prima di entusiasmarci per avvisi di garanzia e facili carcerazioni preventive riflettiamoci un poco. Strillare contro i ladri e i corrotti copre spesso ingiustizie più radicali, il moralismo adorna di fiori di plastica lo sfruttamento.
Se la società è divisa in classi o se l’1% si contrappone al 99% o qualsiasi analisi facciamo di una condizione asimmetrica e conflittuale, onestà e legalità non possono essere concetti neutri.
I paladini dell’onestà si rinfacciano a vicenda le disgrazie giudiziarie dei loro avversari – invece di prendere atto del fatto che viviamo in una società divisa in classi e su questo devono essere necessariamente calibrati i discorsi di principio.
Italo Di Sabato
OSSERVATORIO sulla REPRESSIONE