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StumpoNO
Marcella Stumpo e la conferenza stampa sul NO (Galleria Foto)
TERMOLI – Ieri 6 dicembre 2016 il Comitato del Basso Molise per il No al Referendum Costituzionale ha riunito le associazioni, i partiti e i cittadini che in questi mesi si sono impegnati per arrivare allo straordinario risultato di domenica scorsa.

Nel corso della conferenza stampa, che si è tenuta a Termoli alle ore 17,30 in via Fratelli Brigida, sono state ripercorse le tappe di un cammino faticoso e tenace, che ha toccato tutti i paesi del Basso Molise per informare, spiegare, sensibilizzare sui temi in gioco, attraverso incontri di ogni tipo: dalle grandiose lezioni di diritto costituzionale di Alessandro Pace e Paolo Maddalena a Termoli alle riunioni intorno al Camper della Legalità, dagli incontri promossi ovunque da associazioni, consiglieri comunali o sindacati, alla semplice pizza da mangiare insieme per parlare nel contempo di economia, giustizia sociale e sovranità popolare.

Il responsabile del Comitato basso-molisano, Davide Vitiello, ha tirato le fila di questa preziosa esperienza che ha permesso di ricostruire un tessuto popolare di difesa della democrazia; ha sottolineato come, al di là delle strumentali attribuzioni di merito di questa vittoria che puntualmente arrivano da ogni parte, dalle urne sia in realtà uscita prima di tutto la voce corale dei cittadini, che hanno respinto con forza il tentativo di sostituire la Costituzione dei diritti di tutti, nata dalla Resistenza, con la costituzione delle banche e del neoliberismo selvaggio.

Questa vittoria nasce soprattutto dalla risposta dei giovani, e  non si può ignorare il dato straordinario del voto univoco di oltre l’80 % dei ragazzi tra i 18 e i 35 anni: proprio le generazioni alle quali si rivolgeva tutta la forza comunicativa del premier, tra Twitter e Facebook, hanno detto un No convinto e di massa. E questo può voler dire solo che i suoni delle sirene di governo non nascondono più la disfatta di chi si vede privato di diritti, tutele, e  soprattutto speranze, come dimostra il gigantesco aumento dei ragazzi che non provano nemmeno più a cercarlo,  un lavoro.

Ieri è stata affermata con forza dai presenti la volontà  di continuare questo cammino insieme, per costruire anche a livello locale un’alternativa di amministrazione e di governo del territorio: non ci si può nascondere, infatti, che anche se ora opportunamente tace l’arroganza dei  grandi sostenitori molisani del Sì, questo voto è stato certamente un voto politico, rivolto ad un certo modo di amministrare, e che il No è stato detto soprattutto a certe politiche locali.  Non può essere un caso se a Termoli, comune amministrato da renziani di ferro,  e anche a San Martino,  feudo incontrastato del potente assessore regionale Facciolla, per fare solo due nomi, la percentuale di No è stata la più alta in regione.

E la volontà di riprendersi la sovranità parte proprio da comuni e regioni: ieri si è parlato anche della incredibile vicenda del tunnel di Termoli. Il No dei termolesi ha voluto certamente anche rivendicare il diritto dei territori a decisioni e programmazione condivise, e la volontà di difendere bellezza, identità e storia minacciate da speculazioni e prepotenze. Su questo diritto alla democrazia partecipata,  che una vittoria del Sì avrebbe cancellato senza speranze,  può partire un lavoro coordinato: dobbiamo  creare una rete ed arrivare  a formulare proposte concrete, mettendo insieme esperienze locali, associazionismo civico, amministratori virtuosi: per non disperdere quel patrimonio di conoscenze, contatti,  sentire comune che la straordinaria lotta di questi mesi ha imbastito.

Certo, ora la paura di un domani incerto è forte, e occorre approfondire l’analisi del voto: ma le tante motivazioni dei milioni di No possono essere cucite insieme e generare alternative concrete alla palude di ingiustizia sociale nella quale siamo affondati. Potremo farlo se  sapremo trovare ciò che unisce al di là degli interessi personali, nella volontà di ricostruire  (partendo dai comuni fino al governo nazionale) un paese dove scuola, lavoro, assistenza sanitaria, difesa del territorio, diritti e tutela dei più deboli non siano più considerati intralci da cancellare in nome del pareggio di bilancio, ma principi fondamentali del vivere. D’altronde, sono i diritti intoccabili della Carta che abbiamo difeso e salvato il 4 dicembre 2016.

Marcella Stumpo
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