“Se è caduto un albero, ne nasceranno altri cento”.

TERMOLI – «Con queste parole di Alcide Cervi, pronunciate dopo che i fascisti ebbero massacrato i suoi sette figli, salutiamo questo ottantesimo anniversario della Liberazione: quella Liberazione, se ne facciano una ragione i nostri attuali governanti, che resta la festa di tutti, l’unico vero momento di memoria collettiva in cui un paese intero si raccoglie per celebrare la fine della dittatura nazifascista.
E questo va ribadito con forza, in questi tempi di sovranismo rampante e di nostalgie del potere assoluto; senza paura di chi tenta di riscrivere la storia equiparando vittime e carnefici. Di chi ancora oggi non riesce proprio a dirsi antifascista, e a riconoscere che dal 25 aprile inizia la resurrezione di un popolo calpestato, di un paese ridotto in macerie.
Dal 25 aprile venne la nostra Costituzione, nata sulle montagne dove morì la “meglio gioventù” italiana, come spiegava Calamandrei esortando i giovani ad andare in pellegrinaggio lassù, se volevano capire la Costituzione; lassù, e in ogni altro luogo dove ragazzi e ragazze spesso nemmeno ventenni affrontarono un destino atroce per ridarci libertà. Quella stessa libertà che oggi troppi in Italia e nel mondo sembrano considerare inutile, intossicati dalla tentazione di delegare la loro vita e i loro diritti all’uomo (o alla donna…) “forte”.
Oggi che la guerra fermata allora anche dal sacrificio dei nostri partigiani ritorna prepotente alle nostre porte, dobbiamo ricordare più che mai che questa festa di Liberazione è un monito a non abbassare mai la guardia di fronte ai sovranismi e al fascismo strisciante che rialza la testa. Lo vediamo anche a Termoli, dove continuano a comparire scritte sui muri e striscioni che non sapremmo se definire più miserevoli o più idioti…
Quello che il 25 aprile di quest’anno in particolare ci chiede di riaffermare con forza è il ripudio di tutte le guerre: perché la Resistenza che oggi onoriamo nacque per porre fine ad una guerra, e perché essa non fu solo resistenza in armi. Fu anche resistenza istintiva e generosa di donne, intellettuali, civili, famiglie intere che vestivano, sfamavano, curavano, nascondevano ebrei e disertori. In nome della comune umanità, che oggi è scomparsa nei lager libici, nei campi del lavoro sfruttato, nelle pianure insanguinate dell’Ucraina, nei naufragi senza nome, in quello che noi non abbiamo paura di chiamare il genocidio (perché tale è) dei palestinesi a Gaza.
Abbiamo quindi oggi più che mai il dovere di raccontare il fascismo storico, mentre ci inchiniamo davanti al sacrificio dei nostri giovani di allora: ciò significa riconoscere che vive ancora intorno a noi il fascismo eterno, quello di cui parlava Eco, che si nutre del virilismo stupido, del disprezzo del povero e del diverso, dell’individuazione di un nemico sempre diverso e sempre straniero.
E mentre il Manifesto di Ventotene da cui nacque l’idea di un’Europa di pace viene dileggiato e rifiutato, mentre quella stessa Europa in preda alla follia propone enormi investimenti in armi, con gli inevitabili tagli a sanità e servizi, a noi tocca il coraggio di resistere e non snaturare questo giorno annacquando il suo intrinseco senso antifascista, come ogni giorno si tenta di fare: custodire, ricordare, resistere. Ribadire nel nome dei morti che oggi onoriamo che ogni forma di conflitto ci disgusta, perché non passi il messaggio che la pace si fa con i proiettili.
Senza dimenticare che la parola Resistenza porta con sé il dovere di tutelare i diritti di libertà che essa difese quando gli stivali chiodati degli invasori e dei loro vili complici italiani calpestavano le nostre vite: diritti che la Costituzione riaffermò e che oggi le nuove leggi sulla “sicurezza” minacciano e negano. Tutelare il diritto a migrare e ad avere asilo, lavoro dignitoso e non sfruttato, assistenza sanitaria, istruzione libera e democratica, facoltà di protestare pacificamente.
Ricordare la Resistenza in questo ottantesimo anniversario deve quindi anche essere il momento in cui la memoria storica si lega al presente delle lotte per la democrazia e la giustizia sociale: perché ricordiamo la Liberazione di ieri anche per opporci con forza ad ogni tentativo di deriva autoritaria di oggi.
Ricordiamolo tutti: la Resistenza non è finita. La Resistenza vive, viva la Resistenza!»
Termoli Bene Comune- Rete della Sinistra
















