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Saverio Metere riflette sull’evento che segna la fine dell’estate e presenta il suo omaggio in vernacolo che sottolinea: “Questo è il progresso! Niente da dire! Ma al tempo delle paranze la Sagra rispettava di più le usanze”.

‘a sartagne

TERMOLI – La Sagra del Pesce di Termoli, che da sempre segna la conclusione dell’estate, continua a essere un evento di grande richiamo. Ne parla Saverio Metere, architetto e poeta, che ci offre un’interessante riflessione sulla storicità e l’evoluzione di questa tradizione culinaria.Fino alla fine degli anni ’50, la preparazione della Sagra era un vero e proprio spettacolo. Nel Piazzale del Mercato Ittico, dove ancora oggi si svolge l’asta del ‘pescato’ dei pescherecci, nei giorni precedenti si allestivano due focolai circolari realizzati con grossi blocchi di tufo. Sopra di essi venivano posizionate due grandi padelle di ferro, ‘i sartagne’, dotate di un lungo manico e riempite d’olio, mentre grossi retini servivano per ‘pescare’ la frittura,” racconta Metere.

Oggi, la Sagra si svolge in due serate distinte. La prima, denominata ‘pre-sagra’, delizia i partecipanti con piatti tipici come l’insalata di polipo, la parmigiana di gamberi e le polpette di sciscillo, il tutto accompagnato da un buon calice di vino. La seconda serata è interamente dedicata alla tradizionale “frittura di paranza”.

A conclusione delle due serate, spettacolari fuochi pirotecnici illuminano il mare e gli scogli, creando un’atmosfera festosa che celebra la cultura e le tradizioni culinarie di Termoli, richiamando un pubblico sempre più numeroso e appassionato.

Ad arricchire ulteriormente l’evento, Metere ha condiviso con noi un sonetto in vernacolo termolese, intitolato «A Sagre du Pésce», tratto dal suo ultimo libro, “Sonetti e altre poesie”.

‘A SAGRE DU PÉSCE
Pe’ chjude pu’ l’Agóste Termelèse
abbasce ‘u purte, de frónte au Mercáte
tutte l’anne, c’u l’uteme pescáte
ce frije ‘u pésce sènza bbadâ a spèse.

Menute d’ògne parte du’ pajèse

ce magne e bbève pe’ passâ ‘a seráte
tréje e seccetèlle, bèlle e ‘nfarenáte
‘ssettáte còmede e sènza prétése.

È u vère! Nge stá cchjù ‘llu sartagnòne

‘ssòp’u fequeláre fatte de tufe
e c’u rétine sòtt ’au völecòne

‘i fémmene che pescáne ‘a fretture!

‘Hòje ce fá tutte ‘ssòp’i fórnèlle
tutt’è pülite e fá bbèlla fegure.

Quiste ‘hé ‘u prugrèsse!
Ng’é che fâ!
Ma “au timpe di’ paranze”
‘a Sagre arespettáve cchjù l’usanze!

LA SAGRA DEL PESCE
Per chiudere poi l’Agosto Termolese
giù al porto, di fronte al Mercato
tutti gli anni, con l’ultimo pescato
si frigge il pesce senza badare a spese.

Giunti da ogni parte del paese
si mangia e beve tutta la serata
triglie e seppioline, ben infarinate
seduti comodi e senza pretese.

È vero! Non c’è più quel tegamone
sopra il focolaio fatto di tufi
e col retino sotto un grosso bastone

le donne che pescano la frittura!
Oggi si fa tutto con i fornelli
tutto è pulito e fa bella figura.

Questo è il progresso!
Niente da dire!

Ma al tempo delle paranze
la Sagra rispettava di più le usanze.

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