Lo Showdown
La sua definizione corrente, ma solo in parte appropriata, è tennistavolo per non vedenti. In realtà il nome corretto, e ufficiale, è “showdown”: una disciplina nata negli anni Sessanta in Canada, largamente praticata all’estero, soprattutto nel centro-nord Europa, che sta prendendo piede anche nel nostro Paese. Tecnicamente lo showdown ha vari ed evidenti punti di contatto con il ping-pong. Gli incontri si disputano tra giocatori che si affrontano in piedi, separati da un campo rettangolare costituito da un tavolo provvisto di sponde laterali; di uno schermo divisorio trasparente posizionato in verticale al centro, al posto della rete, sollevato rispetto dalla superficie del tavolo stesso, e di una porta collocata su ciascuna delle due estremità. I contendenti sono muniti di racchette con le quali devono spedire nella metà campo opposta alla propria una pallina sonora, del diametro di 6 cm, facendola passare sotto lo schermo e tentando di imbucarla nella porta dell’avversario. Ogni gol vale due punti; si aggiudica la partita chi raggiunge quota 11 con uno scarto di 2 rispetto all’altro. Sull’eventuale 16 pari vince chi arriva a 17. Fondamentale è la spiccata percezione della traiettoria della pallina ed il coordinamento dei movimenti, dove la tecnica e il continuo allenamento fanno la differenza.