Uno splendido sonetto scritto in vernacolo dall’architetto Saverio Metere sull’ ultimo Trabucco del lungomare nord: icona di un’antica arte perduta.
TERMOLI – In una foto scattata oltre 10 anni fa, il trabucco si staglia imponente sul lungomare nord di Termoli. Le “antenne”, come vengono chiamate le braccia di legno che sorreggono la rete, sono ancora intatte e la struttura è in piena attività.
Oggi, invece, le antenne non ci sono più e il trabucco è in disuso e non viene più utilizzato per la pesca. Eppure, nonostante le sue condizioni, il trabucco conserva il suo fascino senza tempo. La sua presenza imponente e suggestiva continua a incantare turisti e residenti, offrendo una visione di un’epoca passata.
Il trabucco è un simbolo della tradizione marinara termolese. Costruito all’inizio del XX secolo, e ricostruito nel 1991, dopo una fatale mareggiata, questo manufatto è un legame indissolubile con il passato della città. È un patrimonio da preservare, ma necessita di interventi di manutenzione.
Lo splendido sonetto scritto in vernacolo dall’architetto Saverio Metere, pubblicato oggi, offre un’emozionante visione del Trabucco di Celestino. Il componimento, dal titolo “L’ultimo trabucco”, descrive la struttura in stato di abbandono, ma non per questo meno affascinante.
Il sonetto di Metere è un’ode al passato e alla tradizione, ma è anche un invito alla riflessione sul futuro di questo importante simbolo di Termoli. Un simbolo che deve essere tutelato e valorizzato.
‘U L’UTEME TRABBUCCHE ‘Ngann’a máre è remaste, sólitarje a’a spiaggia nord ‘u l’uteme trabbucche. Ne’ pésche cchjù, c’avèssa ‘refâ ‘u trucche tè’ ‘i còsse sécche cóm’i drómédarje. Ce vanne mò sultante i mammalucche e Celestine, l’uteme affittuarje vá a pejâ sule ‘ne ccòne d’arje e ógn’e tante j’arefá ’u trucche. Fá pène vedê mò com’è redutte! ‘Hé cóm’e ‘nu cavalle ‘mbezzarrite e attaccáte a ‘i scuje cèrche aiute. ‘U marone sémbre je fá ‘a váve che culáve d’a rète chjèna chjène de tutti pisce ch’allòre pescáve. ‘Na vóte, quand’u timpe jève brutte ch’i varche o i péschérécce addind’u purte tutt’u pésce ‘u pescaváne i trabbucche! L’ULTIMO TRABUCCO Quasi in riva al mare è rimasto, solitario alla spiaggia nord l’ultimo trabucco. Non pesca più, dovrebbe rifarsi il trucco ha le gambe magre come i dromedari. Oggi ci vanno solo i nullafacenti e Celestino, l’ultimo affittuario va a prendersi solo una boccata d’aria e ogni tanto gli rifà il trucco. Fa pena vedere ora com’è ridotto! È come un cavallo imbizzarrito che legato agli scogli cerca aiuto. Il mare grosso sembra gli faccia la bava che colava dalla rete piena piena di tutti i pesci che allora pescava. Un tempo, quando il tempo era brutto con le barche o i pescherecci dentro al porto tutto il pesce lo pescavano i trabucchi!