StumpoDiBrinoMarone
Da sinistra; Stumpo, Di Brino e Marone (Foto e Video)
TERMOLI – La manifestazione è appena alle spalle che già il Coordinamento NO TUNNEL è alle prese con i preparativi per i prossimi appuntamenti.
Proseguono, infatti, i banchetti di raccolta firme per la petizione che chiede le dimissioni del sindaco di Termoli, Angelo Sbrocca; si organizza per il prossimo sabato 10 giugno la festa “FUORI DAL TUNNEL” a Pozzo Dolce (luogo emblematico del degrado e della futura cementificazione), con musica, mostre e dibattiti. Quasi non bastasse, si apprende che è stata appena protocollata in Comune, dal coordinatore del comitato referendario NO Tunnel, Nino Barone, una diffida all’amministrazione. Ciò al fine di far riunire la commissione referendaria per la valutazione dei nuovi quesiti presentati e la convocazione di un consiglio comunale sulla questione, essendo già decorsi i termini previsti dal Regolamento comunale sulla partecipazione dei cittadini. Altre iniziative risultano ancora in cantiere.

La maggioranza comunale per quanto ostenti sicumera e intenda minimizzare il dissenso, non ha un attimo di tregua. È ancora calda, infatti, la vicenda dell’ANAC che a seguito di una diffida dei comitati, ha segnalato il procedimento alla procura ed alla corte dei conti, con conseguenze ancora tutte da verificare. Forse, proprio tra esasperazione e penuria di argomenti, potrebbe essere stata concepita la nota firmata da alcuni consiglieri della maggioranza, in cui si lancia, alla vigilia della manifestazione, uno stucchevole attacco ad personam ad uno dei leader più attivi dei comitati, la prof.ssa Marcella Stumpo ed al proprio coniuge. 

Indiscrezioni (e la sottoscrizione di solo 9 consiglieri) avvalorerebbero l’ipotesi di una discordanza sull’opportunità di diffondere pubblicamente un simile comunicato. Risulta, infatti, davvero arduo comprendere il senso di questa esternazione, che non solo non sta ai meriti della vicenda, ma divaga in un malcelato e imbarazzante rancore. Si lanciano strali immotivati e vacui contro Edoardo Sassi, stimato giurista nonché storico esponente del consiglio regionale molisano di ormai 22 anni fa, peraltro, a guida di un governo di centrosinistra (Giunta Veneziale) e che dovrebbe essere politicamente affine al pensiero politico degli estensori della nota. Ma la chiosa conclusiva che si scaglia contro il vitalizio dell’ex consigliere ha quasi del comico: sembrerebbe, infatti, che costoro abbiano abbracciato le posizioni del consigliere pentastellato Nick Di MicheleAttendiamo di vedere se, in coerenza con quanto affermato, adesso pretenderanno anche dai loro referenti istituzionali, attivi e in quiescenza, la rinuncia al vitalizio, oltre che alle indennità ed ai gettoni di presenza – magari, a partire da loro stessi! 

Gli esponenti dei comitati stigmatizzano questo attacco, l’ennesimo, e fanno quadrato attorno alla Stumpo che, peraltro, continua ancora a ricevere numerosi e autorevoli attestati di stima e di solidarietà. I comitati non si scompongono e procedono compatti per la loro strada. Innanzitutto, si dichiarano assolutamente soddisfatti della manifestazione e della risposta cittadina: un esito per nulla scontato dato il contesto storico. Che poi siano stati in 400, 500 o 600 per loro cambia davvero poco: è un segnale che non può essere sottovalutato in una cittadina come Termoli, non avvezza alle mobilitazioni di piazza e, troppo spesso, definita “poco reattiva”. 

Va pure detto che si è trattato di una mobilitazione in tema di democrazia e di urbanistica e, soprattutto, che chiedeva esplicitamente le dimissioni di un sindaco: argomenti delicati e di non immediata presa per una piazza. Non ricordiamo, a nostra memoria, un evento simile nella storia di Termoli.
 
Successive esternazioni dell’amministrazione hanno inteso poi minimizzare l’avvenimento, anche se poi qualcuno dovrebbe ricordare che persino al generosamente pubblicizzato e sbandierato “Dibattito pubblico Termoli 2020” hanno partecipato solo qualche decina di persone.

Dopo aver portato avanti, da parte dei comitati, in modo infaticabile, volontario e autofinanziato, il piano politico, quello amministrativo-istituzionale e quello giuridico, effettivamente mancava il piano d’azione sociale, che coinvolgesse direttamente la cittadinanza e lo sdegno che comunque emergeva tra la gente. Mancava la piazza con la gente esasperata e abbandonata, che voleva manifestare anche fisicamente il dissenso verso questa amministrazione e questa opera.  Questa iniziativa, dunque, rappresenta solo un punto di avvio del percorso sociale che, per stessa ammissione dei comitati, non si fermerà e preluderà ad altre più ambiziose mobilitazioni. Un lungo viaggio inizia sempre con un passo. 
Va anche detto che solitamente scende in piazza la parte più attiva e militante di una comunità: una sorta di “punta dell’iceberg” del dissenso, quello che affiora in superficie, però sottotraccia profusamente serpeggiano ostilità, critiche e perplessità verso le scelte autocratiche e autoritarie di questi amministratori. Ne è riprova il loro rifiuto a concedere persino un mero referendum consultivo: una battaglia democratica che evidentemente non sono certi di vincere, poiché anche loro sanno benissimo che se un cittadino può essere restio a manifestare pubblicamente il proprio pensiero, nel riparo di un’urna potrebbe invece esprimerlo liberamente.

Questo è ampiamente dimostrato dalle numerose firme raccolte per i referendum o per la petizione. Una firma o un cittadino sdegnato non diventano tout court militanti pronti a mobilitarsi contro un’amministrazione, si tratta di un percorso progressivo con propria gestazione e propri tempi, che parte anzitutto dalla coscienza e dalla consapevolezza di sentirsi realmente cittadino, attivamente partecipe delle scelte che riguardano il proprio territorio.

Il referendum avrebbe accertato, senza ombra di dubbio, l’orientamento della città, ma l’ostinato diniego a concederlo, da parte dell’amministrazione, tradisce ancora insicurezza e preoccupazione. Proprio per questo, sta affiorando sempre più, nella città, un rifiuto cosciente e risoluto a concedere deleghe in bianco ad alcuno, men che meno ad un sindaco eletto con il voto di una minoranza dei termolesi.

Antonello Manocchio
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