Il TAR del Lazio ha confermato la revoca del programma di protezione al boss Felice Ferrazzo, domiciliato tra San Salvo e Campomarino, e già condannato dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro a 9 anni e 6 mesi di carcere per gli omicidi Russo e Caselli. Felice Ferrazzo aveva in disponibilità un garage in Via Mazzini a Termoli in cui vennero rinvenuti il 22 luglio 2011 pistole, kalashnikov, silenziatori, giubbotti antiproiettili e munizioni. Il figlio di Felice, Eugenio Ferrazzo, detto “Roberto il Calabrese” viveva a Campomarino insieme alla sua compagna fino al giugno 2011 quando venne tratto in arresto per aver aperto una raffineria di cocaina a San Salvo. Eugenio è stato nuovamente arrestato il 13 settembre dai Carabinieri di Varese su ordine del GIP di Milano in un operazione contro il traffico di armi e stupefacenti.
Sempre su Termoli c’è un altro boss della ‘Ndrangheta, Luigi Bonaventura che vedrà discutere il proprio ricorso al TAR LAZIO il 15 novembre contro il provvedimento di trasferimento intimato dal Ministero degli Interni con nota dell’11.07.2012. Il capoclan della cosca Vrenna-Bonaventura-Corigliano denuncia da tempo di correre dei rischi a Termoli ed evidenzia le carenze del programma di protezione messo a disposizione dei collaboratori di giustizia. Questi due episodi recenti restituiscono attualità ai quesiti sollevati al Ministero degli Interni e rimasti inevasi circa l’opportunità di concentrare a Termoli e sul litorale adriatico più esponenti delle cosche della ‘Ndrangheta della provincia di Crotone, malgrado il precedente del sequestro e della brutale uccisione di Lea Garofalo, sciolta nell’acido dalla ferocia di faide mafiose orrende.
Per queste ragioni torno a chiedere trasparenza sul numero dei boss ‘ndranghetisti che vivono sul litorale molisano con programmi di protezione coordinati dal N.O.P. Sollecito il Ministero degli Interni, al cospetto del ricorso respinto al boss Felice Ferrazzo, a chiarire se intende far rimanere sul posto una figura pericolosissima che insieme al figlio si è distinto in attività di grande allarme sociale. I cittadini di Vasto, San Salvo, Termoli e Campomarino, hanno il diritto di saper a quali rischi vanno incontro. Lo Stato non può pensare di chiudere i Tribunali di Vasto e di Lucera, sopprimere la Prefettura e la Questura di Isernia, e abbandonare il territorio dopo aver scelto le nostre città come dimora di esponenti di spicco delle famiglie ‘ndranghetiste crotonesi. Michele Petraroia