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CAMPOBASSO – Ci sono voluti sedici anni, troppi direi, per togliere i sigilli alle sconvolgenti dichiarazioni del boss dei casalesi, Carmine Schiavone, e per sapere che nei primi anni ’90, l’area del Matese e quella isernina sarebbero state interessate da un traffico illegale di rifiuti tossici. Una triste conferma agli allarmi e agli interrogativi che, già da qualche anno, circolano in questa regione che non è, forse, solo terra di passaggio, ma luogo di destinazione finale di un ciclo illegale di smaltimento di sostanze altamente nocive per la salute e per il territorio.

Vale la pena di ricordare, infatti, che in Molise siamo stati e continuiamo ad essere testimoni di episodi collegati allo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi. Abbiamo iniziato a discuterne a partire dagli avvenimenti del Cosib, poi con la scoperta dei fusti radioattivi custoditi nelle cantine di Castelmauro e con i più recenti rilevamenti di diossina sulle carni macellate sul territorio della piana di Venafro. Oggi “scopriamo” che, con ogni probabilità, per anni la camorra ha sversato i suoi veleni in Molise senza che nessuno, o quasi nessuno, se ne accorgesse. Senza che nessuno alzasse la guardia.

Oggi “ scopriamo” che il legame tra il Molise e le organizzazioni malavitose, che cercano nuovi spazi e nuovi territori dove poter operare in tranquillità, è un pericolo sempre più tangibile. Il Molise, attraverso il suo aspetto tranquillo sta svelando un’ inquietante e pericolosissima vocazione. Il rischio è che venga trasformata in isola felice per il malaffare.

È chiaro che, come prima cosa, si dovrà ora accertare quanto appreso dai verbali delle deposizioni del pentito Schiavone, individuando con precisione i luoghi interessati dall’attività illegale che faceva capo al clan dei casalesi attraverso azioni mirate. Ben venga quindi l’iniziativa messa prontamente in campo dalla giunta regionale alla quale va il mio plauso per l’istituzione di un team di esperti che avrà il compito di condurre precise e capillari attività di monitoraggio sulle zone segnalate. Teniamo alta l’attenzione però. Prestiamo ascolto ad ogni segnale di allarme e rompiamo il silenzio. Come ho già detto in altre occasioni, parlare di mafia in Molise non è semplice ma è necessario, dove non si parla di mafia, la mafia trova terreno libero per i suoi tentacoli. Restare in silenzio equivale, in qualche modo, ad essere complici.

Cristiano Di Pietro, segretario regionale IdV Molise