PrincipePiemonteTERMOLI – In questi giorni, sugli organi di informazione e su vari social network, si è assistito ad un imbarazzante dibattito in merito alla mozione presentata dal consigliere Paolo Marinucci: la rimozione della cittadinanza onoraria a Termoli di Benito Mussolini. A mio giudizio, si è trattato di un atto dovuto e ineccepibile, di grande rilevanza storica e politica, che altre importanti città hanno da tempo assunto dal dopoguerra ad oggi (Torino, Firenze, Bologna, ecc. ecc.).

Cosa ha rappresentato il fascismo per il nostro Paese è consegnato alla storia, non occorrerebbe neppure spiegarlo: una feroce dittatura ed un tirannico colonialismo, fatto di abusi e di repressioni, di crimini e di razzismo, di politiche antioperaie e di sfruttamento, di manganellate e di olio di ricino per gli oppositori, di redazioni di giornali, di sedi partitiche e sindacali assaltate ed incendiate. Fortunatamente, la Resistenza partigiana ha sconfitto quel regime disumano e sanguinario.

Ma nonostante il sanguinoso prezzo pagato per la conquista della libertà e della democrazia nel nostro Paese, è davvero sconcertante constatare quanto l’ignoranza storica ancora regni sovrana e, anzi, sottenda pericolosi rigurgiti neo-fascisti nella società, soprattutto tra i giovani, i quali non hanno neppure vissuto quel periodo buio della storia italiana. La cosa si fa ancora più grave, però, quando vedo che ad esprimere giudizi critici sono personaggi che dovrebbero vantare un maggior livello di acculturamento. Stupisce, infatti, leggere articoli e interventi pubblici contro questo atto definito “vergognoso”, quasi fosse un sacrilegio o una sorta di rimozione storica di chissà quale grande esempio politico e morale per Termoli. Ovviamente, nulla di più falso e fuorviante.

Tra i vari articoli, spicca quello di un giornalista, forse poco documentato (che dalla sua firma risulta pure essere consigliere nazionale dell’ordine), il quale, oltre a criticare aspramente la mozione presentata da Paolo Marinucci, intesse nel contempo lodi sperticate del Duce, dipingendolo come un grande benefattore della città di Termoli (dove per la cronaca non ha mai messo piede!) che avrebbe implementato chissà quali grandi opere e portato addirittura l’acqua corrente ai cittadini. Ho quasi l’immagine davanti: il Duce che giunge a Termoli come un novello Mosé e, battendo con la verga sulla roccia -o sotto ‘a mazz du castill- fa sgorgare acqua limpida per gli assetati cittadini…

Al di là della facezia, ispiratami dai contenuti apologetici e infiorettati dell’articolo in questione, suppongo che l’autore si confonda con il lavoro fatto dal primo podestà di Termoli, Angelo Cieri, designato a Termoli dopo l’introduzione delle famigerate Leggi fascistissime del 1926, che abolivano le assemblee elettive dei Comuni e delle Provincie (nota a margine: questo vi ricorda qualcosa?).

Questo podestà, un cinquantenne avvocato abruzzese, si è effettivamente dato molto da fare per risollevare una cittadina in condizioni strutturali e igienico-sanitarie medievali (stiamo parlando della fine del 1927). Cieri è solo un rigido e onesto funzionario che tenta di portare Termoli ad una condizione di civiltà. Il suo impegno presso i ministeri fascisti dell’epoca per ottenere un piano di lavori pubblici importanti (il plesso scolastico, il braccio del porto, strade, fogne ecc.) è concreto e pervicace, così come concreti e reiterati sono i dinieghi che spesso riceve dagli uffici ministeriali. Dopo poco più di due anni viene rimosso d’imperio dallo stesso Mussolini, in conseguenza delle controversie e dei vari interessi interni alla locale sezione fascista, dove l’attivismo autocratico del Cieri risulta inviso. Nella sezione fascista, infatti, è installata la piccola élite della Termoli benestante di allora e, in particolare, vi ingerisce la famiglia Petti, da sempre incontrastati possidenti e governanti di Termoli prima dell’insediamento podestarile. Sono proprio questi ultimi che brigheranno per la rimozione del funzionario, arrivando a fomentare una vera e propria rivolta di piazza.

Termoli allora è una piccola cittadina marinara con poco più di 5mila abitanti, per la quasi totalità ridotti ad una vita di indigenza e di sfruttamento, angariati dai prepotenti squadristi locali in caso s’azzardavano a lamentarsi o a protestare contro qualche misura. Una popolazione cittadina piegata e plagiata dall’enfasi dell'”impero”, forzata sin dall’infanzia a fare ordinate sfilate e manifestazioni, bardati con ridicoli corredi neri -condizione, questa, comune a tutto il nostro Paese!

Il benessere vero per Termoli (e per l’Italia intera) arriverà nel dopoguerra, altro che le nostalgie del ventennio fascista…..

Scorrendo, poi, i vari commenti critici nei social network trovo il ripetersi incessante di una sorta di leit motiv, che però non entra mai nei meriti, ovvero: “…A Termoli ci sono cose ben più importanti” oppure “…Ma non hanno altro da fare in consiglio comunale?” Ma che critiche sono mai queste? A mio avviso, un’amministrazione deve occuparsi di tutto: dalle piccole alle grandi cose, le une non escludono le altre.

La cosa che però considero primariamente amareggiante è il fatto che questa mozione sia passata sul filo e in modo trasversale in consiglio comunale, con voti incrociati tra maggioranza e opposizioni e, soprattutto, con la pesante astensione del sindaco, Angelo Sbrocca. Come mai il primo cittadino si astiene su un atto simbolicamente così pregno di significato? Ha forse paura di essere tacciato di antifascismo o di indisporre i suoi alleati (che in parte hanno votato contro la mozione) o pensa forse che l’antifascismo non riguardi la propria coscienza politica?

Primo Levi scriveva: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”. C’è qualcosa che risuona vero e inquietante in queste parole. L’antifascismo è un valore di un’attualità e di una rilevanza indiscutibile, che va propugnato e difeso in ogni occasione, soprattutto se si tratta di rimuovere simbolicamente un’onorificenza al capo del fascismo nella propria città. Caro Signor sindaco ha perso una buona occasione per ribadirlo, a maggior ragione in una fase storica nel nostro Paese dove l’intolleranza, l’imbarbarimento e la xenofobia stanno raggiungendo livelli di guardia preoccupanti.

Vorrei sapere cosa direbbe tutta quella gente che il fascismo l’ha patito per davvero, coloro che hanno pagato con la vita la fiera opposizione alla tirannia: Giacomo Matteotti, i fratelli Cervi, Antonio Gramsci, Duccio Galimberti, i fratelli Carlo e Nello Rosselli, Don Giovanni Minzoni, solo per citarne alcuni.

Vorrei sentire le voci, ormai mute, delle tante migliaia di giovani che sono andati a perire lontano nei campi di guerra europei, russi o africani, strappati di forza alle loro case e alle loro famiglie oppure illusi dalla retorica patriottarda e boriosa del Regime. Penso a chissà cosa direbbe adesso mio nonno, giovane tenente morto nella campagna Jugoslava del ’43, dove davvero pochissimi fecero ritorno: la sua divisione fu annientata nella sanguinosa battaglia della Neretva.

Era uno tra i tanti e tutto questo per la vanagloria superba e crudele di un folle al potere, fedele “vassallo” della Germania nazista (per dovere di cronaca, questo “vassallaggio germanico” prosegue ancora oggi!). Mussolini dichiarò allora cinicamente che aveva bisogno di qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo dei vincitori. Si stima che in Italia, tra militari e civili, perirono nella seconda guerra mondiale oltre 1 milione e duecentomila persone, senza contare gli invalidi di guerra e i danni materiali. Ma come si può avere ancora nostalgia di quella immane tragedia storica che è stato il fascismo?

Cantava Fabrizio De André nella Guerra di Piero: “Chi diede la vita ebbe in cambio una croce” e infatti, di mio nonno e della sua giovane vita spezzata a 24 anni resta solo un’inutile e insignificante croce di guerra.
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8 Commenti

  1. atti
    Caro Antonello ho letto interamente il tuo intervento simile ad un bel discorso elettorale e, indipendentemente dai suoi contenuti, ho ritenuto che lo stesso non c’azzecca con l’atto della revoca.
    A MIO AVVISO BISOGNEREBBE INNANZITUTTO CHIARIRE SE E’ VERO CHE ” non si può revocare una cittadinanza onoraria perchè decaduta con la morte del personaggio cui è stata conferita”.
    Dall’esito di questo chiarimento possiamo parlare di atto dovuto o di atto inutile.

    • DISCORSI ELETTORALI???
      Caro politologo, la cittadinanza onoraria è un titolo di merito e un’onorificenza e come tale non decade con la scomparsa del personaggio e resta sempre agli atti del Comune che la concede. Come ho scritto, altre città ben più importanti lo hanno fatto e le motivazioni sono di indiscusso valore politico e storico. Penso anche di aver richiamato con nettezza eventi e fatti storici documentati -discorsi elettorali???- se vuole contraddirli entri nei meriti oppure si informi su cosa è stato il fascismo a Termoli e in Italia. Le consiglio di leggere anche il bel libro di De Fanis “TERMOLI IN CAMICIA NERA”. Un politologo che si rispetti deve almeno conoscere la storia.

  2. ultimo atto
    Rimango dubbioso sull’interpretazione data alla cittadinanza onoraria (… è un titolo di merito e un’onorificenza e come tale non decade con la scomparsa del personaggio) in contrasto con quella dell’attuale Sindaco Termolese e sinceramente mi sarei aspettato da chi legge ed invita a leggere un preciso riferimento legislativo o normativo su questo aspetto.
    Condivido la necessità di documentarsi sempre e studiare la storia ma aggiungo serenamente, da antifascista convinto, che è necessario sentire sempre tutte le campane, anche quelle scomode e non in linea con la cultura della falce e martello.
    Comunque rimango dell’idea che la revoca della cittadinanza onoraria non c’azzecca con le problematiche attuali.

    • falce e martello???
      L’articolo è stato scritto con una cultura antifascista che è quella più giusta e più vera per commentare quell’abominio che fu il fascismo. Le altre campane le lasciamo ai nostalgici ignoranti.

  3. x l’autore dell’articolo
    Ha ragione il Politologo e mi associo a tutti i cittadini termolesi che nel leggere il suo articolo allorquando riporta Nei vari commenti critici nei social network trovo il ripetersi incessante di una sorta di leit motiv, che però non entra mai nei meriti, ovvero: “…A Termoli ci sono cose ben più importanti” oppure “…Ma non hanno altro da fare in consiglio comunale?” Ma che critiche sono mai queste? A mio avviso, un’amministrazione deve occuparsi di tutto: dalle piccole alle grandi cose, le une non escludono le altre. ALLORA ANCH’IO DICO CHE UN AMMINISTRATORE DEVE OCCOPARSI DI COSE REALI -PRATICHE E QUOTIDIANE ,PERCHE’A TERMOLI I PROBLEMI SONO BEN ALTRI E PIU’ IMPORTANTI!!!!!!!

  4. atti
    Caro Antonello anch’io penso che UN AMMINISTRATORE DEVE OCCUPARSI DI COSE CONCRETE, PRATICHE E QUOTIDIANE E NON FARE LE SOLITE CHIACCHIERE IN POLITICHESE.
    Penso anche che l’impegno dei consiglieri comunali deve riguardare tutte quelle problematiche spicciole che interessano veramente alla cittadinanza ( sicurezza, controllo del territorio, parco comunale, accessi alla spiaggia libera, IMU e Tasi, …… e tant’altro ancora!)

    • occuparsi di cose concrete…
      Come appunto ho scritto: le piccole cose non escludono le altre, concrete o simboliche che siano. In questo spazio mi pare ci si occupi e si discuta di tutto. Pensi anche lei a fare la sua parte…

  5. priorità
    Caro Antonello nella vita ci sono ben altre priorità e chi fatica ad arrivare a fine mese non si pone il problema della camicia nera o di quella rossa. E’ vero che le piccole cose non escludono le altre ma se faccio la mia parte sulle cose simboliche riesco ad arrivare a fine mese?
    Anch’io, da sempre antifascista convinto, penso democraticamente che:
    – le priorità individuate dai cittadini sono ben altre (le stesse sono state ben elencate nell’intervento di UNO DI SX) ed i consiglieri comunali sono “pagati” dai cittadini contribuenti per risolverle;
    – la revoca è stato un atto inutile ritenuto prioritariamente “dovuto” solo da chi naviga a SX.