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TERMOLI – Oggi, davanti ai cancelli dello stabilimento della Fis, industria chimica situata nel nucleo industriale di Termoli, i lavoratori hanno iniziato uno sciopero di 8 ore su tre turni, accompagnati da un presidio per protestare contro la riduzione del premio di risultato. 

Ci hanno messo in condizioni di scioperare per 15 giorni perché un premio dovuto si è trasformato in un’elemosina”, ha dichiarato Carlo Scarati, segretario regionale della Uiltec, durante la mobilitazione. 

La controversia nasce dalla decisione della multinazionale di ridurre drasticamente il premio di risultato che, in base a un’intesa, avrebbe dovuto essere pagato per intero. “Per un’alchimia contabile, per noi non corretta, si è meno che dimezzato. Da 5.800 euro di spettanza è arrivato a 1.300 euro più 200 di welfare. Questo è un modo di fare che non trova riscontro nelle relazioni sindacali”, ha aggiunto Scarati.

La Fis di Termoli, uno degli impianti chimici più grandi del Molise, occupa 400 operatori e produce principi attivi farmaceutici e intermedi. In Italia, la società gestisce tre impianti, due dei quali situati nella provincia di Vicenza, con un totale di duemila dipendenti.

“I bilanci del colosso sono positivi”, ha sottolineato Massimiliano Recinella della Femca-Cisl. “Stiamo parlando di 744 milioni di fatturato nel 2023 e qual è la risposta dell’azienda? Non pagare il premio di risultato pattuito. Si sta trasformando in una scorrettezza verso i lavoratori. Oggi l’impresa si ritiene anche sorpresa”.

I sindacati hanno espresso chiaramente che questa mobilitazione non è stata voluta.Qui ci sono 400 operatori che coprono il 35% del fatturato e vengono ripagati con questa moneta. Non vogliamo niente di più di quello che ci spetta”, hanno concluso Scarati e Recinella.

La protesta continuerà per due settimane in un “braccio di ferro” che si preannuncia intenso. I lavoratori e i sindacati chiedono che l’azienda rispetti gli accordi e riconosca il premio di risultato nella sua interezza.

La protesta è solo l’inizio di un “braccio di ferro” che i sindacati sottolineano “non voluto”. “Qui ci sono 400 operatori che coprono il 35% del fatturato e vengono ripagati con questa moneta. Non vogliamo niente di più di quello che ci spetta,” concludono Scarati e Recinella, determinati a far valere i diritti dei lavoratori.

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