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CAMPOBASSO _ “Non credo sia stato un buon esempio di operatività spendere l’intera seduta del Consiglio regionale per discutere ed approvare un ordine del giorno ovvio e banale. Ci saremmo aspettati una mattinata di discussione intorno ad una proposta di legge che trattasse finalmente la questione della ricostruzione. Invece abbiamo ascoltato la solita sequela di propositi di impegno rispetto a problemi e situazioni ampiamente conosciuti e che si sarebbero dovuti affrontare per tempo. Mi sono astenuto dal votare l’ordine del giorno per evidenziare la diversa sensibilità rispetto all’annosa questione della ricostruzione. Chi ha ravvisato in questo atteggiamento una spaccatura della coalizione di centrosinistra ha fatto solo della banale speculazione politica”.

Un giudizio tranchant quello espresso da Paolo di Laura Frattura in merito alla seduta consiliare di ieri mattina nel corso della quale si è provveduto esclusivamente a votare ed approvare l’ordine del giorno con il quale s’impegnano Presidente e Giunta regionale a presentare una proposta di legge relativamente alle attività di completamento della ricostruzione post sisma. “Trascorrere tre ore in aula per dare mandato al presidente commissario di istruire una normativa che disciplini le competenze ordinarie, le funzioni istituzionali e altri atti amministrativi connessi mi pare surreale visto che il governatore, senza bisogno di ordini del giorno bipartisan, dovrebbe farlo anzi avrebbe già dovuto farlo da anni. Non comprendo cosa porti, in termini pratici, l’approvazione di un ordine dl giorno simile rispetto ai doveri del presidente della Giunta regionale che, nella sua qualità di commissario per la ricostruzione, avrebbe dovuto pensare a questa scadenza e alle soluzioni da prospettare ai sindaci interessati già parecchi anni fa. E invece no: il commissario è andato avanti con la logica della “proroga”.

Con l’astensione ho inteso evidenziare la non condivisione delle modalità che anche in questa occasione si è inteso perseguire: nei giorni scorsi infatti ho chiarito la mia posizione in merito alla ‘ricostruzione’. Urge una legge condivisa che detti i criteri ma che definisca i tempi, crei nuovi e più utili strumenti amministrativi, attribuisca la certezza dei ruoli e tenga in considerazione le professionalità che si sono formate lungo questi 112 mesi. Ma ritengo prioritario, come ho già avuto modo di spiegare nei giorni scorsi, calendarizzare gli interventi e riportare nell’alveo dell’interesse pubblico i comuni realmente danneggiati dal sisma del 2002. L’impianto normativo non può e non deve essere improntato alla gestione – come troppo spesso è avvenuto – delle sole emergenze ma deve avere uno sguardo lungo e d’insieme sulla rilevante problematica e definire, con chiarezza, anche il termine ultimo per l’ultimazione dei lavori di ripristino e messa in sicurezza delle abitazioni.

Una legge che individui capitoli di spesa e risorse finanziarie immediatamente utilizzabili, che parli di necessario raccordo istituzionale e tecnico con gli enti territoriali impegnati nella ricostruzione per favorire il rapido impiego delle risorse e lo svolgimento delle attività amministrative ordinarie e straordinarie, che individui i soggetti attuatori degli interventi, che stabilisca anche un momento periodico di confronto istituzionale tra Giunta e Consiglio affinché l’assise sia messa nelle condizioni di conoscere lo stato dell’arte, che tenga conto delle aree soggette a rischio idrogeologico, che offra ampie garanzie di diffusione e informazione in merito agli interventi di ricostruzione o di recupero dell’edilizia residenziale pubblica, agli affidamenti dei lavori e agli incarichi di progettazione e di direzione dei lavori da parte degli enti pubblici e dei soggetti privati che beneficiano dei contributi pubblici e che contempli il ricorso prevalente alle professionalità formate in questi anni.

Di certo l’ordine del giorno ci pone di fronte ad una certezza che mai nessuno aveva avuto il coraggio di mettere nero su bianco: la ricostruzione, a dieci anni dal terremoto, è ferma al 35% degli interventi. Forse è questa l’unica notizia vera venuta fuori dall’ultimo Consiglio regionale oltre, naturalmente, al fatto che occorra un ordine del giorno per impegnare chi è già titolato, visto che governa la Regione, a risolvere con legge la questione. Centododici mesi che evidentemente sono passati inutilmente per tutti i residenti del cratere che oggi vivono ancora nell’emergenza nonostante questa sia ufficialmente terminata da un pezzo”.