
Giuseppe è turbato, scosso, non sa che fare. Da pio e devoto israelita si sarebbe dovuto alzare, andare dal rabbino di Nazareth e dire che quel figlio non era suo: Maria sarebbe stata subito lapidata, senza pietà. Ma Giuseppe non vuole vedere morire Maria. La ama, anche se è profondamente ferito e si sente tradito. Trova, alla fine della sua notte agitata, una soluzione: andrà dal rabbino per ripudiarla, per dire che si è stancato di Maria. Certo, Maria avrà la vita segnata, nessuno la vorrà come sposa. Ma almeno, le salverà la vita!.
Giuseppe, dice Matteo, è un uomo giusto. Non giudica secondo le apparenze, mette da parte il suo orgoglio di maschio ferito, non si appiglia alle leggi degli uomini che non sentono ragione, né hanno “misericordia”. E Dio interviene. Il sogno convince Giuseppe: anche se non lo capisce, sta accadendo qualcosa di immenso. Giuseppe si sveglia, stranito, e decide di seguire il suo sogno. Giuseppe è un sognatore, lo sarà ancora.
Grazie ad un sogno prende con sé Maria, un sogno lo inviterà a fuggire in Egitto, un altro lo riporterà in patria. Giuseppe è un papà che segue i propri sogni. Non sogni deliranti di potere e di affermazione, ma sogni che mettono al centro la concretezza dell’amore per la sua “strana” famiglia. Maria e Giuseppe, due giovani figli del popolo di Israele, donano la propria vita alla follia di Dio. Dio si diverte a tirar fuori dalle persone il meglio, a scegliere gli abbandonati della storia, a mettere sui troni gli umili, scaraventando a terra i potenti.
cappellaroccodettotommaso