Nella società debole, liquida, in cui si è riconosciuti in base al proprio consumo e all’apparire che posto può prendere la figura di San Giuseppe sposo di Maria, definito dalla scrittura come “uomo giusto, servo saggio e fedele”? L’essere padri è un dono, un dono che diventa responsabilità e impegno che non è a vantaggio solo di sé e della propria famiglia ma dell’intera società.
Per questo la festa del patrono di tutti i padri diventa stimolo alla riflessione su che ne è oggi del ruolo paterno, dell’essere genitori in un mondo che profondamente ha cambiato stili di vita ma soprattutto sta cambiando le relazioni all’interno delle famiglie. La relazione di paternità, cioè il legame che unisce il papà al proprio figlio è naturale, non è artificiale, proprio su questa qualità relazionale va costruita e imperniata quella che noi chiamiamo l’attenzione educativa.
Il ruolo paterno è molto cambiato oggi rispetto agli anni ’50, è cambiato il modo di vedere e vivere i legami familiari. L’istituto familiare da modello patriarcale è passato a modello nucleare, aprendo nuove prospettive. Così negli anni ’70 si è assistito ad un progressivo depauperamento del ruolo paterno; diversi sono stati i fenomeni che hanno condotto ad affidare sempre di più alla madre responsabilità maggiori dell’educazione dei figli, tra questi alcuni cambiamenti importanti: la fine della struttura familiare di tipo patriarcale, l’accresciuta influenza esercitata dalla donna, l’isolamento in cui viene a trovarsi oggi la famiglia nucleare, l’estraneità, l’assenza e il distacco del padre dalla vita familiare per esigenze di lavoro, la mancanza del padre come referente primario dell’educazione dei figli, tutto questo ed altro ha comportato una forte valutazione del ruolo materno nella famiglia a discapito di quello paterno. Non possiamo non dimenticare come i figli hanno bisogno, per poter maturare in una visione oggettiva, valida e realistica della vita, di una figura paterna equilibrata e responsabile, dedita alla loro educazione, che possa offrire alla loro personalità modelli di vita e di comportamento.
La crisi dei padri risiede proprio in questo ruolo “mancato” di stare, (il tempo è sempre meno disponibile tra padri e figli, circa 15’ al giorno), accompagnare, ascoltare, discutere, ragionare con i propri figli. Inoltre, assieme alla figura paterna viene messo in discussione anche il principio d’autorità. Se non bisogna più obbedire al padre, perché allora rispettare le leggi, il verde pubblico, assecondare il vigile, il bigliettaio o chiunque chieda di obbedire a una norma? Non è semplice uscire da questo impasse educativo e societario. Rileggendo l’andamento dei costumi, il progettare, il programmare di tante comunità sembra che il vero assente sia proprio il ruolo educativo dei padri e il loro fondamentale valore all’interno della famiglia e nella società. La festa liturgica di San Giuseppe ricorda e stimola le comunità di fede a guardare con profondità e a riflettere sul significato della paternità oggi, in piena crisi economica e sociale.
L’uomo giusto e fedele che ha custodito e garantito la buona educazione al Figlio di Dio, oggi può ancora parlare al cuore di tanti papà delusi e stanchi, stressati e logorati da un clima non certo facile. Preghiera, cura dei legami relazionali familiari, onestà, fedeltà, attenzione e ascolto come rimedio di una crisi che è molto più perniciosa e “malefica” di quella economica: il dramma di vivere in una società in cui i padri sono muti o peggio ancora “morti viventi”.