Cristiano Di Pietro
LARINO _ Leggendo le dichiarazioni del sindaco di Larino circa il clamoroso caso di corruzione che ha visto protagonista l’ormai ex consigliere Aldo Caranfa, non si può fare altro che riflettere sul paradosso della politica molisana che questo episodio ha messo in risalto. Viviamo in un mondo capovolto dove chi è colto in flagranza di reato cerca ed ottiene, in alcuni casi, la comprensione delle istituzioni.

La solidarietà espressa dal Sindaco Giardino e dalla sua maggioranza all’arrestato Caranfa rappresenta una nuova forma di allarme sociale che investe il nostro territorio in quanto assume quasi la connotazione di un’assoluzione mossa, evidentemente, dal ruolo rivestito dall’esponente della sua stessa parte politica. Se solidarietà andava espressa, doveva essere riferita alla vittima di un sopruso così brutale come è la richiesta di una tangente e non al colpevole. Come si può immaginare che il vero dramma sia quello di chi usa certi mezzi e non di chi li subisce? La domanda che dobbiamo porci tutti è questa: ma che amministratori ha il Molise?

Il sindaco di Larino dichiara: L’espressione della nostra vicinanza umana per chi comunque è venuto a trovarsi in uno stato di sofferenza è stata scambiata per solidarietà, come riportato da alcuni organi di stampa, per il gesto commesso, e i soliti moralisti in servizio permanente effettivo, come il consigliere provinciale Cristiano Di Pietro, si sono buttati a pesce su tale aspetto, senza conoscere i fatti, senza conoscere le persone, senza conoscere minimamente la realtà larinese alla quale non si è mai accostato in vita sua. Io non vivo a Larino e non conosco le persone che si intrecciano in questa triste pagina di storia Politica Molisana, ma conosco i Valori insegnatimi dai miei genitori, i Valori di un buon amministratore e ,soprattutto, conosco in prima persona le battaglie portate avanti dal 1992 da un gruppo di Magistrati che non si è fatto intimidire e ha portato alla luce un sistema malato.

Il 17 febbraio di quell’anno, ebbe inizio l’era di Tangentopoli, scattò con l’ordine di cattura l’ingegner Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese. Chiesa era stato colto in flagrante mentre intascava una tangente. L’imprenditore monzese Luca Magni, stanco di pagare, aveva chiesto aiuto alle forze dell’ordine.

Magni, d’accordo con i Carabinieri e con il PM Antonio Di Pietro, fece ingresso alle 17,30 nell’ufficio di Mario Chiesa, portando con sé 7 milioni di lire, corrispondenti alla metà di una tangente richiestagli da quest’ultimo; l’appalto ottenuto dall’azienda di Magni era infatti di 140 milioni e Chiesa aveva preteso per sé il 10%, quindi una tangente da 14 milioni. Sono passati 18 anni da allora. Ma dopo le ben note vicende di tangentopoli, l’allarme è ancora più forte se oggi il lupo diventa agnello e l’agnello diventa lupo, se la vittima pare essere chi compie il reato e non chi ne subisce gli effetti. Cristiano Di Pietro Responsabile Enti Locale ed eletti IdV in Molise

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