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TERMOLI – “In risposta a una mia inserzione, un bel mattino mi trovai sulla soglia dell’ufficio- si era d’estate e la porta restava aperta- un giovane immobile. Ancora adesso rivedo quella figura, così sbiadita nel suo decoro, miserabile nella sua rispettabilità, così disperata nella sua solitudine…..” Bartleby, lo scrivano, il protagonista dell’anonima opera di Melville, conosciuto meglio come autore di Moby Dick. Quel giovane aspira a un posto di scrivano, in pratica di impiegato, ed è lì con la rassegnazione di chi sa già di dover eseguire un lavoro alienante e senza creatività. Tacendo, copia fogli e fogli, mentre fuori pulsa la vita degli affari. Non ha amici e neppure una casa sua, non intesse dialoghi, ma respinge ogni coercizione o prevaricazione con un atono I Would prefer not to, “preferirei di no”. Ignorato dai colleghi e dagli stessi padroni, egli chiuderà la sua storia in modo drammatico, dopo un’esistenza grigia nell’ufficio delle “Lettere Smarrite” di Washington( in inglese dead letters, “lettere morte”..

Il pensiero va oggi ai tanti precari che, per sopravvivere, devono accettare condizioni di lavoro aleatorie e che non possono neppure obbiettare: “Preferirei di no”.Pensiamo anche agli stranieri costretti spesso a situazioni umilianti di quasi schiavitù. Oppure a chi ha messo inserzioni e inviato il curriculum e non ha uno straccio di risposte. Un pò tutti dobbiamo raccogliere l’appello silenzioso di Bartleby e dei tanti suoi colleghi, anche più sfortunati. Ognuno nella propria condizione o di cittadino che vota, o di cittadino che fà “politica”.

cappellaroccodettotommaso

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