La trasparenza è l’antidoto alla supposta ‘sporcizia’ perché essa dice piena visibilità, chiarezza di comportamenti e scelte, il venire alla luce di ogni aspetto dell’azione politico-amministrativa, dice anche ammirazione per il bene che tale azione può realizzare (salvo poi la sporcizia a ripresentarsi implacabile).
Tale trasparenza-pulizia è merito delle persone che hanno scelto liberamente di farsi carico del bene comune, pur con i loro limiti e le deficienze tecnocratiche. Insomma, la politica, sporca o pulita, è definita in quanto tale dai soggetti politici, intesi sia singolarmente sia come gruppi associati, è a loro dunque che va posto il delicato interrogativo. Non di rado però si dice che chi ‘si butta in politica’ prima o poi si sporca, perché le tentazioni sono tante e irresistibili; può accadere anche questo nella gestione della cosa pubblica. Ma servono comunque persone che si mettano in gioco, che accettino il rischio di ‘sporcarsi’ per dare un apporto possibilmente positivo per il bene comune, che investano la moneta pesante della loro credibilità.
La selezione la fanno i cittadini con il loro libero voto, e non è detto che essa esprima il meglio della società, perché l’ars politica dei soggetti candidati non è sempre proporzionale alle capacità tecniche né alle personali virtù morali, che spesso si manifestano solo nel pieno esercizio del potere politico. La politica non è (come vorrebbe un farisaico manicheismo) campo esclusivo per ‘anime belle’ (con buona pace di Friedrich Schiller, esponente del romanticismo tedesco, criticato da Hegel che la sapeva lunga), eppure essa è la forma più alta di carità…, ma ne riparleremo.