Le tradizioni e le origini dei termolesi spopolano all’Expo di Milano ma sono trascurate da chi dovrebbe tutelarle e valorizzarle. È polemica a Termoli.

TrabuccoTermoli
Termoli – Costa dei Trabucchi

TERMOLI – Termoli, la città dei Trabucchi dimenticati. Le antiche macchine da pesca che campeggiano ancora oggi, perfettamente funzionanti, lungo il viale che costeggia la massicciata del centro storico della città, sono trascurate da chi dovrebbe tutelarle, valorizzarle, farle tornare a nuova vita. Il Comune di Termoli vara, in spregio delle tradizioni dei termolesi veraci, della gente di mare, il progetto “Costa dei Delfini” che presenta alla Bit di Milano insieme agli altri 3 centri costieri molisani mettendo completamente da parte le antiche costruzioni marine che fanno bella mostra di sé lungo il viale più bello della città, la passeggiata che dalla spiaggia centrale conduce al porto. I termolesi non l’accettano, non vogliono i delfini e rilanciano i trabucchi proponendo l’adesione di Termoli alla nascente Costa dei Trabocchi in Abruzzo.

I pescatori ricordano con nostalgia e grande rispetto i tanti sacrifici, la passione smisurata, il lavoro dei loro predecessori, per il loro vissuto fatto di alterne vicende di sudore, amore e appassionanti fatiche per creare dal nulla le belle e funzionati costruzioni su palafitte di legno, sormontante da piattaforme di tavole di forma quadrata o rettangolare, munite di antenne per il sostegno delle reti azionate da un intricato sistema di carrucole e funi. I trabucchi hanno un’architettura leggera, elastica ma solida, in grado di sopportare il peso della robusta rete da pesca e le sollecitazioni delle tempeste marine. L’architetto e poeta termolese Saverio Metere li definisce “dei giganti buoni dalle gambe sottili”, situati tra cielo e terra sotto le mura del Borgo Antico. E proprio il Trabucco posizionato verso la punta più a nord del Borgo sta conquistando visitatori di tutto il mondo all’Expo di Milano, dove, in una foto e video, fa bella mostra di sé tra i monumenti più prestigiosi e conosciuti del “bel Paese”.

Nonostante il grande consenso che sta ottenendo a Palazzo Italia, in città, però, nulla cambia, tanto da alimentare l’ira della gente di mare. Paolo Marinucci, discendente della famiglia fondatrice delle costruzioni marine in zona, detti “Cellitte”, consigliere comunale, è impegnato nellaricostruzione genealogica della sua famiglia con particolare riferimento al ramo dei “Cellitte” ed ha raccolto numerose lamentele sul progetto “Costa dei Delfini” che, a detta dei più, non ha nulla a che vedere con le tradizioni locali.

Lo stesso ha presentato richiesta formale in Comune per l’adesione dei trabucchi di Termoli al progetto abruzzese di Parco nazionale dei Trabocchi che abbraccia il litorale da Ortona a San Salvo. Si è, ora, in attesa della decisione. “Ho vissuto parte della mia vita sul trabucco di mio zio – ricorda Paolo Marinucci – e so cosa vuol dire questa vita. Ancora oggi chi ha vissuto del mare, prima di tuffarsi in acqua per il bagno, si fa il segno della croce, in segno di riconoscimento e di grande rispetto per il nostro vissuto, per quello che il mare ci ha dato e ci continua a dare”. 

Dello stesso avviso, Ulisse Marinucci che affida a Facebook i suoi ricordi dei giorni trascorsi sulle macchine da pesca. “Ci sono delle cose che si dice siano scritte nei geni – scrive Ulisse, parroco e altro discendente dei “Cellitte”-  e, se è vero che a Termoli il primo trabucco l’ha montato un mio non troppo lontano antenato, saranno quei geni che si sono risvegliati! Un tempo erano una decina i trabucchi: Cellitte, Baffe, Lé Òsse, Civórrasse… Non ho avuto la fortuna di poter salire sul trabucco di mio nonno Carlo “Cellitte”. E quando insieme a mio nonno rientravamo con il battello, bastava guardare a sinistra per scorgere il trabucco di Rocco “Bric”. Ma avevo appena quattro anni, quando da quello di zio Pasqualino, “Cellitte” anche lui, sono caduto in mare, mentre la rete scendeva e “a’ vòleche” (la rete) già si era riempita di “lecétte” (licette). Sono cresciuto lì”.

TrabbuccheMetere
i Trabbucche di Saverio Metere

Il primo trabucco di Termoli fu costruito da Felice Marinucci, capostipite dei “Cellitte”, nel 1876 e, negli anni successivi, furono una decina le macchine da pesca realizzate dalla stessa famiglia in vari punti della costa per conto di termolesi.

Uno degli ultimi “trabuccari”della città, Rocco Mascilongo, detto “Bric”, oggi in pensione, con le mani deformate dalla vita trascorsa sul mare, ricorda con le lacrime agli occhi quegli anni. E’ stata dura – dice -. Non c’erano soldi, non c’era nulla. Il trabucco, però, ci ha sfamato. Si mangiava il pesce e, quando non c’era, il pane, solo il pescato. Il trabucco della mia famiglia è sopravvissuto fino ad una ventina di anni fa al mare ma i vandali hanno spezzato la sua anima ed è stato abbattuto. Ora non esiste più”. Rocco ha trascorso la vita su una delle più belle costruzioni da pesca del posto, situato in una zona denominata: “U bagne delle femmine”.

Costruito da Alfonso Manzi nel 1921, imprenditore di Ravello che ha portato a Termoli l’illuminazione pubblica, era sistemato sugli scogli ed il mare, in equilibrio perfetto. In quel punto, le donne dell’epoca con indosso abiti in cotone leggero erano solite rinfrescarsi e godersi lunghi bagni in acqua durante la calura estiva.

Un aneddoto sul padre di Rocco, Nicola Mascilongo che comprò il trabucco dal Manzi, è tramandato fino ad oggi. Nicola fu l’attendente di Gabriele D’Annunzio al fronte ed a lui portava il caffè. Le prime volte il giovane termolese si presentava con la tazzina ma D’Annunzio, secondo il racconto degli amici, lo rimbrottò dicendogli di portare: “un bricco di caffè”. Tornato a Termoli, Nicola si recò al bar ed ordinò: “il bricco” di caffè rimbrottando a sua volta il barista locale che non conosceva cos’era. “Una caffettiera di caffè, ecco cos’è!”. Amici e conoscenti tra risate e sfottò, lo chiamarono Nicola “bric”.

Sono tante le storie sulle macchine da pesca. Giuseppe Marinucci, della famiglia dei “Cellitte”, oggi ottantenne, ricorda: “Andavo sul trabucco a dare una mano a mio padre. Mia madre quando era ora di pranzo, appendeva uno strofinaccio bianco alla finestra sul mare. Era il segnale di rientrare. La sera, noi bimbi, dopo cena, avevamo il compito di smistare il pesce”.

“E ora, c’è ancora qualcuno che intende affermare che la nostra non è la costa dei Trabucchi ma quella dei delfini? – conclude il poeta Saverio Metere che ha scritto una poesia sui trabucchi locali -. Se Gabriele D’Annunzio ha voluto immortalare il “suo” nel romanzo “Il trionfo della Morte”, paragonandolo ad “una grande macchina pescatoria simile allo scheletro di un anfibio antidiluviano”, noi, più modestamente, lo paragoniamo ai “grossi elefanti di Salvador Dalì, dalle sottili gambe e fermi sulla riva del mare…”.

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Antonella Salvatore
Giornalista professionista, Direttrice di myTermoli.iT e myNews.iT e collaboratrice AnSa

2 Commenti

  1. Costa dei trabocchi
    E’ da tempo che sostengo l’adesione di Termoli al Consorzio turistico “Costa dei Trabocchi”. Anche il Comitato Civico Termolese, in varie occasioni, ha sottolineato la necessità di uscire da un ambito territoriale limitato per entrare in un orizzonte di collaborazione e di sana competizione con i comuni costieri che vanno da Ortona a S.Salvo.La denominazione “costa dei delfini” é quanto di piu’ infelice si potesse proporre.Non identifica in alcun modo un territorio,non rappresenta nessun elemento identitario del luogo e si va a confondere con le altre (non so esattamente quante) “coste dei delfini” esistenti in Italia

  2. Flipper’s Coast
    Scrive il Sindaco Angelo Sbrocca su Facebook “[…]Le partecipo anche che la costa dei delfini in Liguria non è mai esistita eccezion fatta di un logo registrato e scaduto”.

    Egregio Sindaco le vorrei ricordare che nell’angolo nordoccidentale del Golfo del Tigullio, ai piedi del promontorio di Portofino, sorge Santa Margherita Ligure, nota località balneare della provincia di Genova. Il litorale che collega Santa Margherita a Portofino viene chiamato “COSTA DEI DELFINI” ed è considerato uno dei luoghi più esclusivi di tutta la Liguria.
    P.S. Non a caso il gonfalone di S. Margherita Ligure e lo stemma storicamente in uso raffigura il mare con corallo, DELFINO e tre stelle.