Il rigore delle intemperie, le avversità dell’inverno in una terra disorganizzata, le troppe case deserte non allietano certamente la condizione dei veri tremitesi, gli autentici eroi ai quali dedico queste mie riflessioni. Essi vivono abbracciati sempre più al proprio luogo quando la maggioranza degli imprenditori, ormai paga dei realizzi economici estivi, abbandona il campo per dimore più ospitali e confortevoli nelle vicine terre del Molise o di Puglia. L’incedere dell’inverno ha ricondotto le varie attività isolane al consueto letargo stagionale, accantonando l’attenzione per le piaghe peggiori, che proprio in questo periodo potrebbero invece trovare opportuno spazio per essere affrontate con la seria programmazione di drastiche iniziative. Oramai anche il Consiglio Comunale, divenuto privo di una solida maggioranza, non riesce più a deliberare in merito a questioni palpitanti come la variante al Piano regolatore e la conservazione delle aree verdi.
In tutto questo i suddetti eroi, la parte nobile dei tremitesi, testimoniano come il punto di partenza decisivo per una collettiva rinascita risulti proprio la modifica di quel presupposto divenuto consuetudine, un autentico virus generalmente riconducibile all’attenzione primaria riservata troppo spesso da ciascun individuo al proprio interesse spicciolo. E’ frutto di una mentalità che ferisce chiunque si ritrovi animato nel sentimento di solidarietà incrollabile verso quella comunità isolana davvero sorprendente per operosità, ingegno e sacrificio. E’ ben certo che il generico attaccamento di ognuno ai frutti del proprio lavoro non possa disgiungersi dalla consapevolezza dei benefici connessi alla coesione delle varie forze produttive. I generosi Saggi delle Isole, quegli umili eroi poco visibili perché disattesi e trascurati, possono insegnare che una rinnovata impostazione intellettuale nel senso della correzione suddetta si tradurrebbe in progressivi vantaggi propulsori a loro volta di evoluzione civile ed economica. La maturazione straordinaria di benefici effetti può scaturire da cambiamenti realizzabili nello specifico pur lasciando praticamente intatte le risorse dei singoli e il loro rispettivo rendimento.
Allo stato attuale si rivela più che mai necessario il riemergere della coscienza etica quale roccaforte del ritrovato impulso, una bussola preziosa per indicare il cammino mirato a un futuro luminoso, quella luce splendida che accende in ogni angolo del mondo civile la speranza di costruire un ambito promettente per le generazioni a venire. In fondo, le strade capaci di favorire la costituzione di modelli sociali più evoluti fanno sempre capo al medesimo principio elementare. Lo prescrive senza mezzi termini la ragione: costituire corpo unico, formare una forza veramente attiva, efficace, insuperabile forse, capace di rigettare i limiti dell’egoismo cieco. E’ una concezione impossibile a edificarsi sull’invidia, pericoloso cancro la cui estensione patologica ha imperversato a lungo incontrastata nell’aura che avvolge le splendide Isole. Mi è già occorso in passato di affrontare questo tema, sempre il medesimo. Pare assurdo, ma la realtà nella quale programmare strategie di cambiamento radicale si rivela essere proprio la mentalità dei residenti privilegiati, sempre più arroccati nella precarietà di un’ideale fortezza dai fragili vantaggi.
Abbattere l’invidia, dunque, e con essa la maldicenza che ne è figlia primogenita. La parte nobile della popolazione isolana si mostra sempre più convinta della necessità di affrontare le più gravi emergenze con rinnovato spirito solidale, il solo che consenta di accarezzare ora quell’ideale di rinascita troppo a lungo vagheggiato. Alla lunga non si prospera certo guardando soltanto alle proprie «bottegucce» senza neppure considerare la necessità di unirsi per creare una vera forza, sana ed efficiente ad ogni livello, mirata al fine primario del bene comune.
In sintesi, occorre migliorare lo stato dei vari settori che producono ricchezza.
Le imprese commerciali, le tradizionali attività marinare, le strutture ricettive la cui economia è regolata dal turismo hanno bisogno di organigrammi precisamente congegnati. Innanzi tutto un’associazione turistica, come regolarmente avviene senza eccezioni a livello nazionale in tutti i comprensori, da quelli maggiori fino ai più piccoli. Al momento non esiste manco una Pro Loco, o meglio essa è stata creata per risultare quindi bellamente accantonata, senza che abbia mai potuto produrre efficienti attività. Un sodalizio che raccogliesse tutte le imprese interessate al turismo non è impossibile, né risulterebbe troppo costoso, se razionalmente gestito.
Il cambiamento auspicato abbraccia in primo piano la tradizione, l’ambiente, la sopravvivenza stessa degli ultimi rappresentanti di un mondo sempre più ricco di fascino e di messaggi coinvolgenti dal quale tutti si sentono trascinati con dolcezza verso un messaggio di rinnovamento spirituale. Nella fattispecie, i cittadini continuano in effetti ad augurarsi uno serio dibattito a vari livelli, con il contributo determinante dell’ amministrazione civica. Ma gli argomenti scomodi vengono sovente sorvolati da quei politici che dovrebbero farsene carico con scrupolosa coscienza.
Le navi traghetto perdono i pezzi, le compagnie di navigazione vedono i bilanci sempre più tesi ad un profilo disastroso, le prescrizioni del Parco Gargano a salvaguardia del patrimonio ambientale delle Isole vengono di continuo insidiate dai «bottegai della cementificazione», le acque marine risultano seriamente inquinate da rifiuti tossici, l’ambiente naturale trascurato e addirittura minacciato dalla speculazione. E’ così che i luoghi monumentali della nostra madre terra – soprattutto gli autentici santuari della natura e della storia -, potrebbero risultare profanati non solo dalla distratta indifferenza dell’uomo comune, ma soprattutto dal cinismo bieco che spesso impera nella politica. Troppe volte mi sono ritrovato a rilevare come all’interno della politica stessa, pressoché ridotta a mestiere, si sia gradualmente generato un progressivo detrimento, divenuto via via insanabile.
E’ andato purtroppo dissolto il contenuto etico del pensiero che rappresentava un tempo la prerogativa nobile dell’uomo pubblico, mentre nell’immaginario volgare abbiamo visto il termine “politica” ridursi al rango di squallida parolaccia.
A completare lo scenario – ciliegina sulla torta – resta memorabile quella curiosa sortita del Sindaco delle Isole Tremiti Giuseppe Calabrese che in un recente passato aveva proposto al proprio omologo di Termoli Antonio Di Brino addirittura un pronto ripristino del collegamento con elicottero tra Termoli e le Isole Tremiti. Di Brino avrebbe raccolto l’invito sottolineando il proprio parere favorevole all’iniziativa. Peccato (o fortuna) che la decisione non spetti a loro due. Altrimenti potrebbero quanto meno riflettere sul particolare genio organizzativo dell’idea in questione.
Se da un lato si potrebbe inquadrare l’atteggiamento del Sindaco termolese sotto il profilo di una generica simpatia benevolmente solidale nei confronti del collega isolano, riuscirebbe d’altro canto più complesso individuare da parte di quest’ultimo specifiche motivazioni ragionevolmente mirate al bene comune.
Allo stato attuale, non pare proprio frutto di eccezionale intuito economico voler istituire un servizio di elicottero Termoli-Isole Tremiti. Infatti, con la principale società di navigazione sull’orlo del fallimento malgrado le centinaia di passeggeri e le tonnellate di merci trasportate, si dovrebbe piuttosto porre attenzione ferma a conservare perlomeno l’attuale frequenza dei traghetti, evitando nel contempo gli aumenti tariffari più volte ventilati dalle Autorità competenti.
Quale possibilità intravedono i due sindaci dirimpettai per una iniziativa tanto coraggiosa quanto avventuristica come quella della nuova linea di elitrasporto vagheggiata?
Riflettiamo seriamente! Certe questioni vitali non sono pertinenza privata dell’interesse di poche “famiglie” locali, ma riguardano tutta la nazione cui appartengono le Isole Tremiti, “patrimonio dell’umanità”, ivi compresi quei cittadini che vengono qualificati da certi tremitesi con lo spassoso appellativo di “esterni”.
Tanto per cominciare, perché non impegnarsi piuttosto ad attuare in primis politiche ambientali efficaci al fine di sopprimere almeno un paio di emergenze che si profilano come autentiche vergogne mondiali? Ad esempio, ripulire il mare dai veleni affondati, e le Isole di San Domino e San Nicola dalle cataste di rifiuti e immondizie.