Una sintesi puntuale, frutto di una scelta di comunicare gli aspetti più significativi che hanno determinato la storia e condizionato lo sviluppo della città (un’ora ad incontro e di incontri ce ne sono stati ben cinque).
Tuttavia Sergio Sorella e Angelo Pasqualini si sono presentati al pubblico pronti al confronto, al dibattito, consapevoli che la storia va interpretata, rivista, ridiscussa continuamente. Un dialogo utile per tutti, poiché ciascuno di noi ha informazioni, notizie, idee di una storia “personale” di Termoli, che potevano essere messe a confronto con quelle di altre persone, studiosi o non, qualora se ne fosse presentata l’opportunità.
Un’opportunità che non è sfuggita a coloro che (pochi in verità) erano presenti alle conferenze nell’Officina Solare di Nino Barone a Termoli. Forse, si potrebbe obiettare, l’argomento non era dei più semplici: ascoltare la storia, con l’elencazione di date e avvenimenti, è un esercizio al quale non tutti si sottopongono volentieri, meglio se in giro c’è qualcosa di meno impegnativo, di più “popolare”.
“Popolare”… una parola che pesca nella profondità dell’animo e della cultura della gente. Eventi popolari sono quelli capaci di suscitare una sostenuta partecipazione della comunità, facendo leva anche su componenti emotive e sentimentali.
A volte, però, proposte interessanti e ben più utili, queste sì più popolari, per la crescita sociale di una comunità non hanno successo. E’ innegabile che una causa della disaffezione del pubblico verso talune manifestazioni considerate ingiustamente elitarie è la carenza di comunicazione, cioè di un adeguato veicolo comunicativo.
Ciò non vuol dire affatto che la storia di Termoli, così come proposta dai tre studiosi, non sia un evento popolare, anzi forse lo è più di tanti altri. Infatti che cosa c’è di più popolare della storia cittadina, che è una storia costruita da tutti, anche dal popolo? Raccontare la propria storia significa affondare la memoria nei ricordi, nel passato quindi, ma anche nel presente e, soprattutto, nel futuro di ognuno di noi, proprio perché facciamo parte di una collettività che è in continua, dinamica evoluzione.
Ebbene, la “termolesità” inizia proprio dalla conoscenza della storia e dalla conseguente presa di coscienza di quello che si è: una sommatoria di scelte effettuate da altri prima di noi. Se poi queste scelte, a distanza di anni siano state giuste o sbagliate, criticabili o meno, sarebbe stato interessante poterne discuterne tutti, aprendo, di fatto, un dialogo, un contradditorio che avrebbe animato una serie di argomentazioni e portato, forse, ad altri approfondimenti. Come faceva giustamente notare Angelo Pasqualini, se di questo libro si fosse discusso 15 anni fa, quando è iniziata l’opera che, dopo alterne vicissitudini, ha visto la luce solo alcuni anni fa, avremmo tutti guadagnato del tempo e oggi avremmo parlato di altro, più proiettati all’immediato futuro.
Ma così non è stato: un’occasione sprecata e un ritardo che, contraddicendo Massimo Troisi, non è affatto scusabile.