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Roberto Ruta
LARINO – Nell’edizione serale del Tg3 Molise di Domenica, il senatore Ruta ribatte a Larino Viva e Rivoluzione Democratica, che hanno lanciato una sottoscrizione per il “No a 12.000 manze Granarolo nel piccolo Molise”, per dire che non sono pochi i posti di lavoro e che ai trenta bisogna aggiungere altri (?) riservati a veterinari e trasportatori. Abbiamo messo il punto interrogativo perché non ha detto quanti. In tutto un’altra trentina per il trasporto, ciò che fa pensare che oltre alle manze ingravidate c’è da trasportare anche il letame e il fieno.

La sua scarsa o nulla conoscenza del mondo contadino e del lavoro dei produttori gli porta a dire che sono posti di lavoro anche quelli di persone che producono fieno. Si dà il caso che questi sono già occupati, impegnati come sono a produrre fieno, grano, olive, uve e altro ancora, dando, con le produzioni di qualità, un significato all’ambiente e al paesaggio, per non parlare delle tradizioni. Con la sua stalla c’è il rischio evidente del passaggio a una monocoltura che nel breve tempo va a trasformare questi valori creando problemi nuovi, quelli propri delle produzioni super intensive che hanno bisogno di enormi quantità di acqua e di prodotti chimici, in particolare pesticidi, che vanno a condizionare lo sviluppo futuro delle nostre campagne.

Nel tempo impoverimento dei terreni e inquinamento delle falde acquifere con le conseguenze che si possono ben capire riguardo alla diffusione di malattie, così com’è già successo là dove si è voluto e sviluppato questo tipo di agricoltura e di allevamento. Ha fatto riferimento all’impianto realizzato a Saragozza e ha detto che non ci sono problemi. È vero, il fatto che a Saragozza è stata realizzata una stalla di settemila manze e non dodicimila, cambia poco il ragionamento, ma si dà il caso che tutti i problemi sopra accennati stanno venendo fuori, insieme ad altri. Basta fare una ricerca accurata su internet e si trovano numerose notizie. In un articolo dell’Otago Daily Times del 26 marzo 2012 si legge che presso l’azienda Rancho Las Nieves, l’allevamento a cui fa riferimento il Senatore, il numero dei lavoratori è di 29 salariati e il team include anche 2 veterinari a tempo pieno; che il fieno e altri nutrimenti vengono approvvigionati fino a 300 km di distanza; che bisogna rispettare un programma di biosicurezza, con protocolli ben definiti.

I primi due punti ben spiegano che i numeri e le ricadute positive che tanto stanno paventando sono leggermente diverse. Sul terzo punto abbiamo voluto capirci meglio e abbiamo fatto qualche ricerca tecnica e interrogando qualche testo scientifico. Abbiamo letto che uno dei problemi principali è sicuramente la stabulazione nelle stesse aree di bovine provenienti da origini diverse; che la fauna selvatica può rappresentare un pericolo per le bovine, se non vengono impediti i contatti tra gli animali da rimonta e i selvatici (o la contaminazione dell’alimento) ci si espone al rischio di TB, BVD, leptospirosi, salmonellosi, rabbia e neospora. Su questo terzo punto siamo venuti a conoscenza che la Granarolo metterà a disposizione, gratis, dei veterinari per tenere sotto controllo gli animali presenti nelle stalle private ricadenti in una certa area di incidenza. Se poi queste dovessero chiudere per loro sarebbe molto meglio.

Poi siamo andati a fare una ricerca sull’area geografica in cui ricade la stalla spagnola. Una vasta zona di steppa mediterranea o prateria steppica che si estende verso Sud, ultimo stadio del degrado della vegetazione mediterranea a causa di incendi e pascolo eccessivo, per nulla paragonabile al nostro territorio, fatto di boschi, vigne, oliveti, campi di grano e altre colture tipiche della nostra agricoltura. Una zona caratterizzate da vistissime pianure o rilievi basso collinari. L’unica cosa che abbiamo notato in comune sono state le numerose pale eoliche, che forse hanno ispirato qualche nostro amministratore. E ci fermiamo qui, altrimenti saremmo eccessivamente lunghi, riservandoci di approfondire ed esporre queste ed altre perplessità in altre occasioni.

Alla luce delle poche riflessioni del Sen. Ruta, che non dicono niente di nuovo di fronte a quello che già sapevamo e ci hanno portato a scrivere a lui e ad altri una lettera aperta, possiamo dire che la medesima lettera ha colpito già e che ci sono buone possibilità perché anche il sen. Ruta, con il suo riconosciuto buonsenso, quanto prima si decida a firmare, abbandonando al loro destino tutti gli altri sostenitori già pronti ad occupare più di una sedia di quelle che serviranno a vigilare le povere manze ridotte a un puro stato vegetativo che offende la sensibilità di chi ama la natura e gli animali in particolare.

Larino Viva

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