myNews.iT - Per spazio Pubblicitario chiama il 393.5496623

TERMOLI _ L’Asrem dopo il caso di malasanità di Antonio Spagnolo, inviò una lettera alla divisione di Urologia del San Timoteo di Termoli con la quale si intimava di evitare interventi chirurgici di competenza dell’apposito reparto. E’ l’inquietante verità venuta a “galla” nel corso del processo in corso nel Tribunale di Larino sulla morte di Antonio Spagnolo, l’imprenditore agricolo di 63 anni di Serracapriola, ricoverato nel reparto di Urologia per un problema di diverticoli ed uscito cadavere dal presidio. La morte del coltivatore è avvenuta il 16 aprile del 2008 dopo alcune settimane di sofferenze causate da diversi interventi a cui fu sottoposto da due medici della divisione che lo avevano seguito da vicino durante la degenza ospedaliera.

Gli operatori sanitari lo scorso anno sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo ed a giugno 2011 è iniziato il processo a loro carico. Il Gup del Tribunale di Larino Aldo Aceto, a conclusione dell’udienza preliminare, ha dato seguito alle tesi accusatorie portate avanti dal Pm Luca Venturi che aveva chiesto il processo per i due medici che avevano sottoposto il paziente ad un intervento chirurgico. La famiglia dell’imprenditore agricolo, le figlie in particolare, sin da subito polemizzarono con la tipologia di cure a cui fu sottoposto il padre chiedendo poi a gran voce “giustizia” ed all’interno dello stesso San Timoteo non mancarono polemiche per l’intervento chirurgico effettuato dagli urologi piuttosto che dai chirurghi.

La Procura di Larino sul caso avviò una indagine sfociata con la richiesta di rinvio a giudizio per i due sanitari accolta dal Gup frentano. Ora, nel corso dell’ultima udienza in cui sono sfilati i testi dell’accusa, è salito sul banco dei testimoni il Primario del reparto di Chirurgia, Michele Malerba il quale, rispondendo ad una delle domande, ha sottolineato come l’Azienda sanitaria di Termoli-Larino proprio all’indomani del decesso di Spagnolo inviò una missiva al reparto dove era stato ricoverato l’uomo chiedendo di non effettuare più tali interventi di competenza della chirurgia.

Una “verità” che ha sconvolto i familiari dell’imprenditori fortemente addolorati per la morte del congiunto dopo giorni di agonìa e, che ora, più che mai sono intenzionati a far valere le proprie ragioni.