CAMPOBASSO _ Manovra, Vincenzo Niro rilancia l’dea del Molisannio “È l’unica soluzione per conservare la nostra storia e costruire un futuro di crescita”. “Il decreto anticrisi varato dal governo rischia di penalizzare fortemente le zone interne e soprattutto quelle del Centrosud, che scontano già un gap notevole con il resto del Paese. Per questo non possiamo restare a guardare, dobbiamo anzi rimboccarci le maniche e farci promotori – da vera classe dirigente – di un’azione che proponga una valida alternativa alle misure che contemplano, fra le altre cose, la soppressione delle Province che non raggiungono i 300mila abitanti e l’accorpamento delle entità comunali con meno di mille anime”. È questo il commento del coordinatore regionale dell’Udeur Vincenzo Niro sul pacchetto di provvedimenti elaborato dal ministro Giulio Tremonti. In particolare, Niro si sofferma sulla possibile cancellazione di entrambe le amministrazioni provinciali del Molise e di quella di Benevento per rilanciare l’idea del Molisannio.
“Il tema vero – spiega – è garantire al nostro territorio spazi di agibilità amministrativa e politica, oltre che finanziamenti e risorse adeguate. La soluzione per uscire da questa impasse è, a mio parere, quella di dare vita ad un’aggregazione con la provincia di Benevento che rispecchi la storia, la cultura e la vocazione della nostra terra. Con questo obiettivo già a partire dal 2009, in sede di elaborazione del programma dell’Udeur per le comunali di Campobasso, proponemmo di dare vita al Molisannio. È il momento di realizzare concretamente quella che è una vera e propria aspirazione delle nostre popolazioni”.
Quello di Vincenzo Niro è un appello alle altre forze politiche a condividere una battaglia che non può essere di parte o di partito, ma deve appartenere all’intera comunità. Il suo invito ad avviare prima possibile il ragionamento sul Molisannio è rivolto anche alla delegazione parlamentare nazionale e ai deputati europei eletti nei territori interessati, Clemente Mastella e Aldo Patriciello.
“Non possiamo lasciare che altri decidano sopra le nostre teste il destino della nostra comunità. Dobbiamo farci promotori di ogni azione essenziale per la tutela dei processi di crescita del Molise, che nell’antico Sannio trova le sue radici, comuni ad una parte importante della Campania, e anche la direttrice dello sviluppo. Anche la costa molisana – prosegue Vincenzo Niro -, infatti, sarebbe valorizzata, nella cornice del Molisannio, dal collegamento veloce che si realizzerebbe fra l’Adriatico e i porti di Napoli e Salerno attraverso il Corridoio 8, scelta strategica dell’Unione europea. È un discorso, questo, che va allargato anche all’Abruzzo, che condivide tanta parte della sua storia con il Sannio. Se tutti insieme scegliamo di scommettere su un’aggregazione che parte dai tratti comuni – e in quanto tale va privilegiata rispetto ad altre che puntano ad accorpamenti che nulla hanno a che vedere con le vicende molisane – realizzeremo una regione da oltre 3 milioni di abitanti, perfettamente in grado – conclude Niro – di affrontare le nuove sfide comunitarie”.
non sono d’accordo
non avremmo nulla da guadagnare e tutto da perdere. Infatti ormai è una tendenza irreversibile quella che vede uno sviluppo sempre più marcato delle aree costiere. Il processo di trasferimento delle popolazioni sulla coste è di portata generale, ed si sta verificando anche da noi. Quindi una regione che voglia cavalcare questa linea di sviluppo deve guardare all’Abruzzo e alle Marche. Creare una macroregione adriatica è nel nostro interesse. Oppure, ma in subordine, per le stesse motivazioni, con la provincia di Foggia, (creando la Moldaunia) che è la provincia più estesa d’Italia, con in dote la grande pianura della capitanata e il bellissimo Gargano, magari con capoluogo Termoli. Ma c’è il problema dell’eccessiva pressione della criminalità, e questo non aiuta.
Ma il Molisannio, mette i brividi.
Il Molisannio è la via giusta
Chi conosce un po’ di storia, e parlo di storia anteriore anche a quella degli antichi romani, sa che le popolazioni molisane unitamente a quelle di Benevento, hanno radici comuni che non possono essere ignorate. Si ha l’opportunità, questa volta, di valorizzare e far rifiorire questo antico territorio comune, che finalmente sarebbe in grado di amministrarsi da sé, ma acquisendo attraverso l’unione un suo peso politico e amministrativo che si dimostrerebbe molto più rilevante di quello – scarso – attuale.
Non sono d’accordo con Marrano che sceglierebbe di privilegiare lo sviluppo costiero, abbandonando a sé stessa una larga parte di territorio, che ne risulterebbe ancora più depressa. I finanziamenti comunitari impongono di far parte di un territorio importante per popolazione ed estensione, e se unione ci deve essere allora che si faccia tra genti con origini comuni e che condividono la stessa storia!
benessere e sviluppo
Non nego che le ragioni storiche hanno una loro importanza, anche se si tratta di storia remota. Tuttavia penso che un politico debba mettere in cima all’agenda qualcosa di più sostanzioso per i cittadini che vuole amministrare. cioè: benessere e sviluppo. Disquisire delle proprie origini, della comune matrice genetica, o di altre amenità, fra le quali io inserisco anche una tutela maniacale del territorio può soddisfare chi ha già tutto. Ma con una platea di giovani disoccupati che sono forzati ad abbandonare la propria terra, come hanno fatto molti dei nostri padri negli anni passati, questo non è proponibile, sarebbe immorale. Ci vogliono scelte che aprano prospettive di ricchezza e benessere. Bisogna dare beni e patrimoni ai cittadini non ideologie, nutrimenti culturali, o soddisfazioni spirituali. Insomma, intendo dire che una cosa sono le posizioni culturali, altro quelle politiche. Le prime sono buoni argomenti di conversazione, le altre sono scelte vitali. Abbiamo fatto già troppi errori in passato non ci possiamo permettere di sbagliare ancora. Per questo dico attenti ad inseguire posizione snobistiche, bisogna avere i piedi ben piantati per terra; bisogna ragionare in termini di convenienza economica, di reali occasioni di sviluppo. In questo senso, la provincia di Benevento non ha nulla da darci, se non un aggravamento dei problemi di difficile soluzione legati al difficile sviluppo delle aree interne.
In queste scelte più del cuore è l’intelletto che deve guidarci.Sono, in ultima istanza, le ragioni economiche alla base di tutto.
ERAVAMO ABRUZZI E TORNIAMO ABRUZZI CON MARCHE E SE NECESSARIO PARTE DELLA PUGLIA. POCA FILOSOFIA E FATTI.
benessere ma senza egoismi
Io credo che se non vogliamo comportarci nello stesso criticabile modo della Lega Nord, che forte della sua ricchezza non vede l’ora di sbarazzarsi di tutte le regioni con PIL inferiore, parimenti non bisogna cercare a tutti i costi solo ed esclusivamente lo sviluppo delle zone costiere, che grazie a Dio risentono assai meno della crisi avendo un’economia più solida, ignorando le difficoltà delle zone interne, che grazie proprio ad una politica sempre tesa a favorire le zone già ricche che assorbono da sole la quasi totalità delle risorse, non hanno mai la possibilità di svilupparsi e tali rimarranno per sempre. A questo punto, la crezione di una macro regione più grande e importante (non ultima la nascita della Regione Sannio, con le province di Isernia, Campobasso, Benevento e Avellino, più alcuni paesi dell’alto casertano e pochi altri di Foggia) renderebbe certamente più forte l’intera area sia politicamente che amministrativamente, e concorrerebbe alla spartizione e distribuzione nell’intero territorio di finanziamenti europei che finora ha visto escluso il molise per la sua piccolezza. Di queste risorse aggiuntive si avvantaggerebbero tutte le realtà coinvolte, sia quelle costiere che quelle interne, a prescindere quindi da motivazioni squisitamente sentimentali e storiche. D’altra parte, temo che questa via, oltre a fornire benefici a tutte le parti coinvolte, sia l’unica che vede tutti i soggetti interessati abbastanza favorevoli al progetto di unificazione; l’alternativa sarebbe… il nulla. La dissoluzione con conseguente sparizione dalla carta geografica. Non mi sembra, infatti, che né la regione abbruzzese né tantomeno quella foggiana siano interessate a ipotesi di regioni “costiere”. Esorterei, quindi, a lasciar da parte in questo momento assai delicato e pericoloso per l’esistenza stessa delle nostre terre, analisi economiche che lascerebbero il tempo che trovano di fronte all’impossibilità di realizzare progetti che non hanno alcuna concreta speranza di vedere la luce, a differenza di altri. Ricordate che un errore di questo tipo oggi, significherebbe scomparire per sempre.
facciamo il milisanniocapitanatoabruzzesemarchigigiano l’importante è cancellare moltissime poltrone politiche.
la lezione della lega
con tutta la rozzezza e la grettezza della lega, c’è nella loro politica una lezione di cui dobbiamo tenere conto. Quello che loro chiamano federalismo altro non è che la necessità che ciascun territorio impari a far da solo. In altre parole, è illusorio pensare che sia lo Stato, o l’Europa, o un ente qualsiasi, a risolvere i problemi di arretratezza economica di una regione. Chi pensa così, e lei mi sembra sia fra questi, si espone a rischi di delusione. Insomma la politica del cappello in mano presso le istituzioni non pagherà più. Bisogna mettere in cantiere uno sviluppo autonomo e autentico, altrimenti il futuro sarà doloroso.
Allora bisogna mettere in cantiere un’area economica forte e questa non può che essere la marca adriatica.Non perchè lo dico io, ma perchè guardo la realtà delle cose, e le cose stanno così.Che ci piaccia o no. La migrazione dalle zone interne alla costa è un fenomeno che sta assumendo proporzioni enormi. Se lei mi chiede se sono contento di questo, rispondo: no, non sono contento; ma le cose stanno così.Anch’io ho nostalgia dell’Italia dei diecimila campanili. Ma è un’Italia che non esiste più, è morta.
Allora può sembrare un discorso cinico, ma non è un discorso cinico, è un discorso realistico, tutte quelle centinaia di paesi di 4/500 abitanti non hanno futuro. Allora che fare? Beh allora, se le cose stanno così non ci resta che prendere atto della realtà e assecondarla – costruire delle grandi conurbazioni costiere, delle città metropolitane lunghe centinaia di chilometri da termoli ad Ancona, come Los Angeles per fare un esempio, e le aree interne? le aree interne vanno riconsegnate alla natura, al turismo d’elite, ai boschi, alle acque alla vita pura. Questa è una visione di sviluppo. Utopistica? forse si. Ma altre soluzioni lasceranno le cose come stanno. Pochi benestanti,me compreso, e molti ragazzi con l’unica speranza di futuro in una valigia.
LA COSTA E’ IL VERO VOLANO PER LO SVILUPPO…CHE DIVENTA TRAINO PER LE ZONE INTERNE !!!! SIAMO SULL’ADRIATICO E NEL’AREA DEL MEDITERRANEO !!! NON SCHERZIAMO CON LA FILOSOFIA.!! ABBIAMO GIA’ PERSO MOLTI TRENI.
@Marrano
Mi dispiace deluderla, ma io non faccio affatto parte dei fan dell’assistenzialismo. Fin da giovanissimo ho lasciato la mia terra per trasferirmi al nord per lavoro, e per di più in una terra non facile: l’Alto Adige, dove come lei certo saprà si parla tedesco. Tuttavia, con sacrificio ho saputo adattarmi e farmi apprezzare dai diffidentissimi altoatesini, poiché sono una persona che conosce il sacrificio, l’educazione, e il lavoro non mi spaventa. Quindi non credo che si possa dire di me come di uno che ha aspettato la “manna” statale in casa propria. Detto questo, ribadisco il concetto che la soluzione non può essere sviluppare ancora di più le zone ricche e abbandonare quelle meno fortunate al loro destino. Qui non si parla di assistenzialismo cieco, ma di sviluppo comune. E c’è un esempio eccellente al riguardo: La germania ovest dopo la riunificazione non ha certo adottato politiche egoistiche, ma in pochi anni ha portato i propri fratelli dell’est allo stesso benessere economico dell’ovest. E’ facile, per chi si trova in una zona avvantaggiata parlare come lei, ma allora tutte le popolazioni interne dovrebbero migrare in massa sulle coste e desertificare tutto il resto? Non mi sembra di certo una trovata intelligente. Mi chiedo se la sua opinione sarebbe quella di essere trasformato in un agnello sacrificale se per caso fosse residente in un paesino interno… La verità è che le zone costiere hanno le loro peculiarità che vanno certamente sviluppate ulteriormente per creare ricchezza e benessere, ma in sinergia con quelle interne, che hanno le loro potenzialità, come potrebbe essere lo sviluppo agricolo di qualità, o quello turistico, tanto per citare le prime cose che vengono in mente. Si tratta solo di trovare persone capaci di valorizzarle. Ma il discorso di “io sto bene chi se ne frega degli altri” non mi sembra degno di una società civile.
guardare in faccia la realtà
gentile interlocutore, un conto sono le cose come vorremmo che fossero, ed un conto è la realtà. Dicevo che facendo un’analisi fredda della realtà ho notato un fenomeno cospicuo di trasferimento di popolazione dall’interno verso la costa. Un esempio. Casacaldenda aveva 8.000 abitanti ora ne ha 2000. Campomarino ne aveva 2000 ora ne ha 8000. E questo processo è avvenuto per la maggior parte dei comuni del medio alto Molise. Ora a questo fenomeno come si è risposto? Attraverso leggi regionali di tutela delle aree svantaggiate. Legge 15, i vari POR, PON ecc. In sostanza si sono pompati soldi verso quelle aree. Risultato. Nessun miglioramento. Sono state costruiti capannoni, stalle, che rimangono come gusci vuoti in mezzo alle campagne. Che fare? Continuare a investire soldi pubblici per tentare di invertire la tendenza? Certamente è’ quello che dicono e che continueranno a fare i politici locali. Risultato. Zero. Il motivo è semplice perchè i giovani non vogliono restare in quei paesi. Vogliono luoghi di aggregazione, vogliono la vita intensa di una città e la vogliono subito.
E se non ci sono i giovani in un paese, quel paese è morto.Ora lei dice che il mio è un ragionamento egoistico. Ma non lo è anzi al contrario, io dico venite nel Basso Molise. Facciamo di Termoli una città metropolitana di 100 150 mila abitanti pronta ad accogliere i nostri fratelli dell’interno. Una moderna dinamica città che si estanda per un raggio di 20 km dall’attuale centro, fino a comprendere le piane di Larino. Dotiamola di energia con qualche centinaio di torre eoliche sulle colline di guglionesi e sammartino. Un bacino metropolitano, tanto per fare un paragone non distante, come quello di Pescara. In questo modo si realizzerebbe quello che è stato definito l’effetto città, dove tutti avrebbero un ruolo al servizio di tutti. Volano le costruzioni, ripartono le industrie, commerci e affari per tutti, così si genera ricchezza. Paradossalmente riprenderebbero vita anche le aree interne. Diventate parchi naturali, a mezzora dalla città metropolitana ci sarebbe spazio per attività di tempo libero e natura; agricoltura biologica e di nicchia che avrebbe allora si il suo bacino di utenza. Insomma in un ottica federalistica, dove vige la legge del si salvi chi può, dobbiamo essere degli ingegneri istituzionali e valorizzare al massimo le risorse territoriali. Nella costa sviluppo metropolitano. Nelle aree interne, parchi naturali e tutela assoluta.
Questa è la mia idea di uno sviluppo possibile. Ma questo non accadrà mai finché al comando ci sarà un isernino o un campobassano.
In linea di massima il suo discorso mi sembra corretto,e la sorprenderò dicendo che mi trova pure d’accordo. Tuttavia credo che se le zone interne nonostante i finanziamenti non si sono sviluppate,ciò dipende dal fatto che – come per l’intero sud – i finanziamenti a pioggia senza reali progetti legati al territorio, ma erogati giusto per esaurire i finanziamenti europei e riempire le tasche di chi li ha gestiti, chiaramente creano solo cattedrali nel deserto. La mia illusione sta nel fatto di trovare gente capace di gestire una volta tanto il denaro pubblico con astuzia favorendo le attività a ragion veduta e non a casaccio. D’altra parte la città metropolitana sulla costa è un disegno interessante e nulla vieta che si realizzi, ma questo dev’essere determinato dal mercato, lo sviluppo anche demografico deve avvenire spontaneamente, non con forzati richiami in massa di popolazioni che invece di migrare al nord si trovano costrette a migrare verso la costa ma senza un substrato produttivo che non può essere creato dall’oggi al domani ma che si sviluppa spontaneamente (grazie anche ai finanziamenti, certo) negli anni, e non creato ad arte. io penso che non funzionerebbe. Tuttavia rispetto la sua opinione, e spero che si realizzi.