Alberto Montano
TERMOLI _ Nei giorni in cui si celebra l’anniversario della riconosciuta autonomia della Regione Molise avvenuta 48 anni fa, non possiamo non stigmatizzare alcune recenti uscite degli esponenti regionali dell’Italia dei Valori che, sulla scia di quanto affermato dal leader del loro partito, spingono per la cancellazione di questa autonomia attraverso l’aggregazione del Molise all’Abruzzo, con un riduttivo e non bene augurante ritorno al passato. Contemporaneamente ricordiamo che ogni tanto sugli organi di informazione si registra qualche “voce dal sen fuggita” alto molisana che parla di secessioni di parti del Molise verso altre realtà regionali, immaginando, come Pinocchio, che esista un Paese dei Balocchi che attende a braccia aperte per conferire onori, ricchezza e gloria.

Certo sull’autonomia del Molise, in tempi di Federalismo e, soprattutto, di gravissima crisi economica, si pone con tutta la sua assoluta rilevanza il tema della capacità fiscale di un territorio di disporre di risorse economiche, popolazione e dimensioni adeguate per sostenere il sistema regionale dei servizi, come Sanità e Trasporti, delle Infrastrutture, delle stesse Istituzioni. Quindi la capacità di esistere come Regione autonoma non è scontata e indiscutibile ma va ancor di più oggi meritata e conquistata ogni giorno. In realtà su questo si gioca la sopravvivenza futura del Molise che, soprattutto nella sua classe politica e dirigente, deve fare scelte di governo lungimiranti e assumere decisioni amministrative virtuose, anche per avere autorevolezza e moralità in sede parlamentare e governativa per difendere ciò che i nostri padri hanno conquistato in termini di identità regionale.

In tal senso importante mi appare però la disattenzione su un rilevante fenomeno che, al contrario rispetto alle forze che spingono verso la dissoluzione del Molise, si sta determinando in molti dei territori confinanti con la nostra Regione, che da tempo guardano al Molise come ad una Regione attrattiva, ad un polo di riferimento a cui associarsi per costituire una struttura di grande Regione. Parliamo quindi del Sannio con tutta la sua provincia, delle terre abruzzesi del Sangro, della Daunia e della sua provincia. Qui addirittura si è in procinto di indire un referendum sulla possibilità di confluenza di tutto il territorio e dei suoi comuni verso il Molise. Insomma esiste un percorso che potrebbe portare il piccolo Molise, citato sempre come eccezione negativa nel dibattito nazionale relativamente alle sue dimensioni e ai suoi parametri, a diventare il Grande Molise, dotato di parametri demografici ed economici capaci di competere con qualsiasi altra regione d’Italia, così da affrontare la sfida del federalismo con minore ansia e preoccupazione.

I vantaggi in tal senso potrebbero essere rilevanti. Possiamo fare l’esempio della nostra rete ospedaliera, oggi costretta a combattere per la sopravvivenza con poche speranze, date le risorse insufficienti assegnate alla Regione Molise sulla base della popolazione residente e che, con il Grande Molise, potrebbe non solo essere facilmente sostenuta economicamente, ma diventerebbe rete sanitaria di riferimento per una popolazione superiore al milione di abitanti. Dovremmo essere orgogliosi come Molisani per il fatto che la nostra Regione sia presa a modello di riferimento da popolazioni e territori che ci guardano e aspirano ad una associazione positiva con la nostra terra. E’ indubbio che una riforma globale di questo tipo vada dibattuta, meglio conosciuta e strutturata, ma credo che non possiamo permetterci di restare assenti e inerti rispetto ad un movimento popolare e sociale che si è creato ai nostri confini a nord, a est, come a sud e che chiede di essere ascoltato. Questo anche per smentire gli uccelli del malaugurio che vorrebbero fare sparire il Molise.

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