Termoli, il trabucco di Celestino Esposito

Bollettino delle ore 18 del 12 APRILE 2020

Questi i freddi numeri secondo il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli:

  • incremento di 1984 positivi rispetto a ieri;
  • 3343 terapia intensiva, 38 in meno rispetto a ieri;
  • 27847 i ricoverati con sintomi, 297 in meno rispetto alla giornata precedente;
  • 431 le persone decedute;
  • 1677 i guariti. 

Sembra più un bollettino di guerra dal fronte…Sono, invece, le fredde cifre regalatici dal CORONAVIRUS il giorno di PASQUA. E non c’è proprio da stare tranquilli ma riflettere su quanto sta accadendo. È un vero stravolgimento: una matizje, uno Tsunami che non si sa ancora da dove viene e dove andrà a finire.

 È TUTTO FERMO!

In America si prevedono oltre due milioni di morti e fosse comuni. In Cina qualche persona guarita, si è ripresentato in ospedale. La Francia, la Germania…tutta l’Europa, è interessata da questo mostro che non guarda in faccia nessuno: qualche capo di stato, all’inizio un po’ scettico, ci stava rimettendo le penne! Insomma, la “cosa” pare che andrà per le lunghe. Qualcuno aveva sperato, cristianamente, in una Pasqua di Resurrezione. Ma sono solo congetture per tenere buoni i fedeli. I commercianti, gli imprenditori e tutti i lavoratori che attualmente sono fermi ai blocchi di RIPARTENZA sono sull’orlo del collasso, del fallimento. O sono già falliti!

Le passate matizje, quelle vere, estive, sono sempre durate poco, qualche ora, alcuni momenti di disastrosi turbinii che hanno sconquassato tutto e poi sono cessati. Questo virus, invece, si è presentato con tanto di corona! Una corona di spine e di sangue, però. E il riferimento non è casuale! Non voglio essere blasfemo: la mia educazione religiosa non me lo permetterebbe. Ma noi terreni abbiamo ridotto questo povero pianeta ad un vero schifo! Ne abbiamo approfittato bruciando le foreste, inquinando i mari, avvelenando l’aria con gas tossici. E il virus non ha colpito una sola nazione, una sola parte ma tutta la Terra: è stato pandemico

I nostri governanti ci rabboniscono, quasi paternamente, continuando a procrastinare la fine di questa tragedia. Dalla data del 3 aprile, si è passati già al 3 maggio, dopo il ponte del 25 aprile e quello del primo maggio, in cui si temono le uscite fuori-porta di persone che solitamente vanno a fare i week-end.  

E invece, TUTTI A CASA! È questo l’ordine categorico al quale tutti dobbiamo ottemperare. Personalmente, sono aidomiciliari dal 4 marzo, giorno del primo decreto emanato dal Presidente del Consiglio. Responsabilmente, vorrei che lo fossero tutti!

Le scuole sono state chiuse, università comprese. I professori, seduti di fronte ai loro monitor, impartiscono le lezioni che gli alunni, di ogni ordine e grado, eseguono a casa. Gli esami di maturità verranno svolti allo stesso modo…come quelli delle scuole medie…I bar sono vuoti…le strade sono vuote…le biblioteche sono vuote. Si respira una tristezza infinita. Si resta in casa e si esce solo per andare a fare la spesa nei supermercati o fare quattro passi spesso insieme al proprio cane. E saranno vuote anche tutte le spiagge, gli alberghi, i ristoranti che aspettano l’estate per poter lavorare. 

Tutti i corpi dello stato sono all’opera per scoprire e colpire chi non segue le regole imposte dalle ordinanze. Un vero stato di guerra, un assedio senza bombe né cannoni! Si può uscire uno alla volta con guanti e mascherine regolamentari… ma non si sa ancora bene quali sono quelle regolamentari (sic!).

 Una delle cose più avvilenti è il fatto di non poter assistere i propri cari che MUOIONO SOLI, negli ospedali. Si sentono ambulanze che vanno a sirene spiegate…anzi, ultimamente tacciono per discrezione perché sono troppe. Si vedono molti camion militari pieni di bare, tutte uguali, di legno opaco che il più delle volte rimangono fuori dai cimiteri perché sono saturi e vengono depositate in appositi capannoni.  Mancano sempre le mascherine e i tamponi che accertano se l’ammalato ha preso il virus. I medici, gli infermieri, tutto il personale sanitario è in grave pericolo: ne muoiono tutti i giorni a decina…a centinaia in tutto il mondo perché sono a contatto diretto con gli ammalati.

 I nostri politici sono sotto tiro e le opposizioni ne approfittano. Vigliaccamente! Anziché collaborare cercano solo pretesti per denigrare: le destre contro le sinistre! Non cambia mai niente! Dopo l’ultimo conflitto mondiale – che è costato all’umanità oltre 50 milioni di morti e un’infinità di feriti, storpi e gente distrutta nel corpo e nello spirito – qualcuno ha pensato che l’uomo sarebbe diventato più buono, più consapevole di vivere in un mondo che gli aveva regalato tutto. Doveva solo allungare la mano e prendere quello che voleva, come Adamo nel Paradiso Terrestre. Sembrava aver compreso la lezione: che le guerre servono solo a quanti vogliono lucrarci sopra! Ma così non è stato. Non c’è stato un solo giorno in cui il mondo non sia stato interessato da guerre di potere, conflitti sorti solo per accaparrarsi un pezzo di terra, una collina, a volte, una semplice zolla. E per questo motivo si spendono miliardi di miliardi che potrebbero servire per una Sanità più efficiente, più utile. 

Ma l’uomo è soggetto a queste matizje di sopraffazione, quest’egoismo pandemico che lo porta a trascurare il fatto che è mortale! Si è sempre affannato a ricercare cose caduche: corri di qua…vai di là…prendi…appatta…compra…vendi… fino a quando la matizie della vita non lo ha travolto e lo ha portato lontano, nel vento dell’egoismo. Solo allora, si è guardato indietro…forse, e si è reso conto che tutto quel correre, quel darsi da fare non era servito a niente. Il cuore, come un secco rumore di vetri che s’infrangono, l’avvisa che la vita sta per finire. É troppo tardi per tornare indietro: il virus l’ha già afferrato e se lo sta portando via!

E come concludere questo canto disperato se non con dei versi che danno l’esatta situazione drammatica che tutto il mondo sta vivendo!?

Dedicata all’Umanità intera, sofferente, una poesia composta nell’agosto del 1984:

MATIZJE

‘U cièle scure
‘u timpe nire
‘u máre arginte
ciuffele ‘u vinte
vóle ‘u  ‘mbrellòne
sinde i laminte:
“…hanne aghècche
…scapp’alla’…
…aretire i panne…
…acchjappe…sciuje…
…chjude…arripe…
…trásce dinde! “
Remòre de vrîte !
‘Cquesci’ ‘hé ‘a vite!
Quande ‘i capite
è giá fenute:
come ‘a matizje
che ce n’è jute!    

Saverio Metere

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Saverio Metere
Saverio Metere è nato a Termoli il 23 settembre del 1942. Vive e lavora a Milano dove esercita la professione di architetto libero professionista. Sposato con Lalla Porta. Ha tre figli: Giuseppe, Alessandro, Lisa. Esperienze letterarie. Oltre ad interventi su libri e quotidiani, ha effettuato le seguenti pubblicazioni: Anno 1982: Lundane da mazze du Castille, Prima raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1988: I cinque cantori della nostra terra, Poeti in vernacolo termolese; anno 1989: LUNDANANZE, Seconda raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1993 da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume primo); anno 1995: da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume secondo); anno 2000: I poeti in vernacolo termolese; anno 2003 (volume unico): Matizje, Terza raccolta di poesie in vernacolo termolese e Specciamece ca stá arrevanne Sgarbe, Sceneggiatura di un atto unico in vernacolo termolese e in lingua; anno 2008: Matizje in the world, Traduzione della poesia “Matizje” nei dialetti regionali italiani e in 20 lingue estere, latino e greco.