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NoTunnelPozzoDolceTERMOLI – Niente di nuovo sotto il sole. L’esperienza degli Urban Center ha lontane origini americane. Si costituiscono, sotto forma di organizzazioni no profit,quali “aree neutrali” volte ad informare e coinvolgere i cittadini su progetti di trasformazione del proprio territorio. In realtà, nella maggior parte delle esperienze americane, in questi strumenti emerge il ruolo preponderante delle lobby, portatrici di interessi particolari.

Nel contesto europeo e italiano, gli Urban Center nascono a partire dalla seconda metà degli anni novanta, su iniziativa prevalente dei Comuni, da soli o in partenariato con altri enti, quale luogo di confronto pubblico sulla città. Esperienze caratterizzate per lo più da limiti evidenti, come la prevalenza di informative unidirezionali e il fungere da “valvola di sfogo” per decomprimere i conflitti che spesso nascono di fronte a progetti imposti dall’alto o invisi ai cittadini.
Le esperienze virtuose di Urban Center in Italia si possono contare sulle dita di una mano e tra queste vale la pena citare quelle di Bologna, Brescia, Torino e Siracusa, tutte accomunate da due caratteristiche principali: quella di costituire una struttura di accompagnamento del Piano Urbanistico (Piano Regolatore Generale, Piano di Governo del Territorio, Piano Strategico della Città) e quella di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini facendoli contare realmente nelle scelte riguardanti i loro territori. Per la maggior parte dei casi si assiste, invece, al proliferare di Urban Center che sono autentiche scatole vuote e di cui non si intravede alcuna reale utilità. Non è certo un caso che più si abbandona la strada virtuosa della buona pianificazione urbanistica, più aumenta il numero di strumenti inutili e sterili.

L’Urban Center di Termoli si colloca certamente tra i più bizzarri in Italia, superato solo dall’Urban Center di Rivarolo – un vero e proprio centro commerciale – e forse da qualche altro. E’ vero che ci sono anche Urban Center che sono emanazione di soggetti privati, ma che a farsi promotore della creazione di un tale strumento sia la stessa impresa di costruzioni che ha ottenuto l’aggiudicazione provvisoria (si badi bene, solo provvisoria) per realizzare quello che è da tutti conosciuto come il “Grande Scempio” di Termoli, vale a dire la costruzione del tunnel e della devastante speculazione edilizia di Piazza S. Antonio e Pozzo Dolce, è un fatto che non ha eguali.
In un sol colpo si intende spazzare via storia, patrimonio archeologico, paesaggio, rapporto identitario tra i termolesi e quello che è uno dei luoghi più significativi della città.

La De Francesco Costruzioni, del resto, non è nuova ad operazioni di pura propaganda come la fuorviante simulazione tridimensionale del progetto, la distribuzione capillare in tutta la città di un ammaliante opuscolo a colori, la gita “scolastica” che ha visto Sindaco, Assessori e Consiglieri di maggioranza andare a studiare il parcheggio interrato nella piazza di Atessa (opera della stessa De Francesco), la farsa del Dibattito Pubblico, i parchetti giochi per i bambini fino ad arrivare all’Urban Center. Tutte iniziative pagate profumatamente dall’impresa.
Quello che invece ci riesce difficile capire è come mai il Sindaco Sbrocca e l’intera Amministrazione Comunale si siano letteralmente consegnati in ostaggio a questa ditta, che ha preso saldamente in mano le redini dell’operazione.

Nel presentare l’Urban Center di Termoli, il Sindaco ha detto esplicitamente che questo “arriva a completamento del percorso del Dibattito Pubblico” di cui si fa vanto e che invece, occorre ribadirlo, è stata una vera e propria “presa per i fondelli” poiché, come bene ha evidenziato il Sottosegretario ai Beni Culturali, l’Onorevole Dorina Bianchi, in risposta ad un’interrogazione parlamentare nell’Aula del Senato, il Dibattito Pubblico doveva essere fatto prima dell’aggiudicazione provvisoria del progetto. Senza parlare poi della mancanza della cosiddetta “Opzione Zero” (la rinuncia a realizzare il progetto) e della stravagante trovata che a decidere su eventuali modifiche proposte sia la sola ditta De Francesco e non l’amministrazione comunale. Peraltro, questa iniziativa è stato un clamoroso fallimento, come testimoniano impietosamente le immagini che vedono ai tavoli tematici poche persone, per lo più Consiglieri e Funzionari Comunali.

Su questa scia nasce, dunque, l’Urban Center di Termoli, uno strumento senza alcuna vera funzione di confronto e di crescita culturale ma che in sostanza non è altro che un “ufficio vendite” della De Francesco, in cui fanno bella mostra i pannelli illustrativi della “fantomatica” riqualificazione di S. Antonio e Pozzo Dolce.
La strada perseguita dall’Amministrazione Comunale è quella dell’antiurbanistica che intende intervenire sul territorio comunale procedendo caso per caso, secondo priorità e convenienze ambigue o particolaristiche. La strada delle “mani libere” che consente di operare al di fuori di ogni scelta di programmazione e di pianificazione del territorio, che trasferisce di fatto i poteri urbanistici alle imprese immobiliari.

L’Urbanistica è la disciplina che studia l’organizzazione e la pianificazione del territorio che in concreto significa decidere cosa si può fare in un dato territorio, dove farlo, come farlo e con quali vantaggi per la collettività. Da qui l’obbligo di pianificare il territorio e redigere il Piano Regolatore Generale, che rimane lo strumento fondamentale per una adeguata politica urbana che sia rispondente alle trasformazioni attuali e future.

Se c’è una città che ha particolarmente bisogno di un Piano Regolatore, quella è Termoli. Una città slabbrata, disarticolata, che sta perdendo la sua vecchia identità senza trovarne una nuova, una città con problemi urbanistici enormi (primi fra tutti, i grossi tagli artificiali del centro abitato provocati da ferrovia, autostrada, tangenziale e la crescita a “salto di canguro” che ha portato alla creazione di agglomerati distinti e distanti dal centro abitato), una città che sta perdendo in maniera sempre più accelerata i suoi peculiari connotati paesaggistici, una città che non riesce a trovare la sua via allo sviluppo perdendo sempre più il suo rapporto con il mare. Uno sviluppo che faccia leva sul patrimonio territoriale, abbracci l’intero territorio basso-molisano e coinvolga la società locale in tutte le sue articolazioni.

Occorre un Piano Regolatore che non sia, però, generico, ovvero una banale e semplice razionalizzazione dell’esistente, ma una pianificazione di alto profilo, ambiziosa e a “consumo di suolo zero”. Un Piano che può nascere solo dalla combinazione di tre fattori fondamentali: una forte volontà politica, l’apporto illuminato di urbanisti di valore e la partecipazione necessaria dei cittadini. Un compito al quale i prossimi Amministratori non potranno sottrarsi.
Fortunatamente l’Amministrazione Sbrocca è agli sgoccioli e, nel periodo che manca alla fine del mandato, bisognerà soltanto impedire che compia altri “delitti urbanistici” (quale, ad esempio, la lottizzazione Andreoli). Quanto al “Progetto Tunnel”, confidiamo nella non approvazione della Variante Parziale al PRG da parte del consiglio regionale, visto che i motivi per bocciarla sono molteplici, circostanziati e sostanziosi.

A conti fatti, una ricandidatura del Sindaco Sbrocca sarebbe del tutto improponibile: il popolo termolese lo ha già giudicato. Infatti, stando a quanto si sente insistentemente e diffusamente nelle strade e nei luoghi d’incontro della città, parrebbe destinato a essere ricordato come il peggior sindaco che Termoli ricordi. Vox populi…

Il Comitato e Coordinamento No Tunnel
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