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CAMPOBASSO _ Carlo ci ha lascato in punta di piedi con la stessa sobrietà che lo ha visto dirigere le lotte sindacali in Basso Molise dal dopoguerra agli anni ottanta. Stringato ed essenziale, partecipò insieme ai cittadini di Portocannone alla Marcia contro il Prefetto di Campobasso che aveva discriminato i comuni di sinistra negli aiuti del Piano Marshall. Occupò le terre nelle manifestazioni bracciantili degli anni cinquanta che portarono a aspri scontri con le forze dell’ordine ma consentirono la riforma agraria e l’assegnazione dei latifondi ai contadini. Da bracciante seguiva Dino Colarossi un sindacalista, privo di una gamba, che arringava gli operai agricoli, da un carretto e li incoraggiava a rivendicare i propri diritti.

Fu uno dei bracci operativi più fidati di Mario Piscitelli, il combattivo segretario della CGIL degli anni sessanta e settanta. Una figura leggendaria amata dai lavoratori e invisa ai vertici del partito che ne temevano la popolarità e il coraggio.

Erano entrambi di Portocannone e si capivano senza parlare. Figure temprate allo scontro duro che percorrevano a piedi o con mezzi di fortuna il Molise, che avevano accolto Giuseppe Di Vittorio e promuovevano vertenze aspre con il padronato arroccato, di quel periodo senza la copertura dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori. Carlo, da segretario regionale della Federbraccianti, seguì i quattro mesi di lotte, scioperi e licenziamenti della vertenza del Caseificio Fornaro “Foreste Molisane”. Da delegato aziendale lo incontravo nella sede sindacale di Via Ferrari, mi dava suggerimenti e dopo la nostra sconfitta mi chiese di impegnarmi volontariamente al suo fianco e cominciammo a girare il territorio da Codacchi, a Santa Croce, dalla Di Vaira di Petacciato agli operai forestali.

Mi trasmise i valori autentici di una sinistra vera, orgogliosa e fiera. Da bracciante autodidatta aveva maturato un’esperienza straordinaria che gli permetteva di tener distinti gli errori politici dei vertici della sinistra, dall’ideale di emancipazione, progresso, giustizia sociale e uguaglianza, per il quale valeva la pena di battersi al di là di tutto e tutti. Oggi daremo l’estremo saluto all’ultimo segretario della gloriosa Federbraccianti, ad un pezzo di storia politica molisana e soprattutto ad un uomo, Carlo Bevilacqua, che in tempi di grandi ristrettezze economiche non ebbe paura e non indietreggiò. In questo periodo di nanismo politico il suo esempio ci guiderà in un impegno ideale per una società più giusta.

Michele Petraroia

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