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Il TrabuccoTERMOLI _ E’ sempre così, la natura ci impiega millenni a modellare le coste a formare rocce, a trasformare corpi che si abituano lentamente all’ambiente che cambia inesorabile. Un tempo che passa dolcemente, scandito da tramontane burrascose e da brezze profumate, da piogge scroscianti e scirocchi brucianti. Anche la neve di tanto in tanto compare sul territorio ma è il vento il primo elemento della natura che con la sua forza alza le onde, flagella le rocce, spinge la sabbia e ordina le correnti. Così per migliaia di anni la natura si trasforma fino a trovare un equilibrio e una bellezza che  sul nostro territorio si riassume in panorami mozzafiato, in albe e tramonti che sembrano essere dipinti su tele di seta, in mari pescosi, in aria salubre, in terra generosa e fertile, in acqua cristallina che sgorga da sorgenti.

Poi, sul costone, nasce la città.
Si intravedono imprevedibili architetture tra i vicoli e gli slarghi dell’antico borgo, che sono il risultato di un costruire spontaneo ma a misura d’uomo, che conferma, nonostante la difficoltà territoriale e la modesta economia, la ricerca di un’armonia con la natura.        

Le case nascono statiche e funzionali, in simbiosi con le abitazioni vicine (‘u vëcënätë), e si integrano allo spazio esterno con scalinate e poggi (‘i puijë) muretti affacciati sul mare e grandi androni. Questa povera ma adeguata urbanistica viene arricchita da una stupenda Cattedrale, da un poderoso Castello, da torri e fortificazioni. All’interno i cittadini vivono la loro vita in armonia con la natura, sfruttano il mare incontaminato per la pesca e il terreno fertile per l’agricoltura, sembra di vivere una favola, anche quando i cattivi la vogliono depredare e distruggere, la città sopporta e risorge, la gente è abituata a vivere momenti piacevoli, di vita felice, di abbondanza ma anche di periodi tristi, di guerre e carestie. Ma la città risorge, il popolo si industria si riprende la felicità e ne fa tesoro. Tutto procede per il suo verso, tutt’intorno alla città nascono i trabucchi, battelli e paranze solcano i bassi fondali ricchi di pesce, dalle  spiagge dorate si pesca con le sciabiche, sugli scogli si catturano pelose,  e molluschi di ogni tipo, sulle colline verdi gli orti sono rigogliosi e gli oliveti generosi,  il pantano del fiume si trasforma in vigneti sabbiosi che danno un vino piacevole e particolare.

Poi, agli inizi del XX secolo, l’uomo smette di essere in simbiosi con la natura e costruisce il porto.
Inizia il declino del territorio, la natura viene ignorata, l’uomo commette un errore imperdonabile!

S’individua, non si sa ancora con quali criteri, il luogo dove far sorgere l’indispensabile molo principale. Il nostro amato promontorio dove sorge la città storica di Termoli “La cinge da tre parti il mare e dalla quarta verso terraferma da altissimi e fortissimi baluardi è guardata cò una sola porta che mette in terra”, viene così scelto. All’altezza del trabucco di Marinucci “Cëllittë” è il posto migliore a cui attaccare il molo in cemento armato. Che mattacchioni quegli ingegneri, pensavano che quello fosse il posto migliore… I frentani costruirono porti appena prima delle foci di corsi d’acqua o proprio nei fiumi come il Biferno,  mai avrebbero attaccato un molo alle mura di una città sul mare. Gli uomini che hanno deciso il destino della città sono uomini che meritano il nostro biasimo, per loro il rimprovero più severo e la più deplorevole critica. Con le loro scelte sbagliate hanno si, contribuito allo “sviluppo” della pesca e di qualche commercio a beneficio della comunità ma con esso si è consumato il più grande scempio ambientale che Termoli ha subito, più ancora dei terremoti e maremoti, più dei Turchi e dei Veneziani, più dei nazisti e dello stesso Nucleo Industriale del Biferno. Chi ha deciso merita la nostra più totale  riprovazione e la condanna di essere ricordati per essere stati più nocivi  delle calamità e delle catastrofi successe nell’arco di almeno tremila anni sulla nostra amata e martoriata città.

Nel giro di meno di un secolo, i primi lavori iniziano nel 1906 il completamentoTermoli: A spiaggetta abbasce u purte della sciagura nei primi anni 80, il territorio si trasforma. A sud del molo, come prevedibile, inizia l’insabbiamento. La scogliera che dal molo in costruzione arrivava fino e sotto la Torre del belvedere, viene sommersa e annientata dalla sabbia. La scogliera poi continua con una discreta pescata d’acqua fino alla foce del Rio Vivo. Qui negli anni 30 inizia la costruzione della muraglia a protezione della città a ridosso delle spiaggette incontaminate. Il  grande muro parte dalla torre belvedere fino alla villa Cariello per poi proseguire fino al costone di Rio Vivo.

Il porto, nel frattempo, veniva sempre più ampliato e allungato e poi un altro braccio fino a quando, l’uomo moderno, decide di far diventare il piccolo porto, un grande porto…. Era necessario per l’industria sbarcata nel nostro territorio, la Fiat, la Union Corbide, le Acciaierie Stefana e poi anche altre chimiche ed infine, speriamo, la Turbogas…Quel porto potenziato avrebbe, secondo loro, contribuito allo sviluppo economico e tutti sarebbero stati meglio. In questo rincorrere il benessere, almeno quello di pochi individui, ci si è dimenticati di una cosa molto ma molto importante: La Natura, il rispetto per essa è stato calpestato, nessuno ha pensato alla natura, cosa sarebbe successo al territorio? Alla fauna alla flora al paesaggio? Nessuno, dico, nessuno ha pensato alla più prevedibile delle sciagure, l’insabbiamento delle scogliere e la scomparsa di esseri viventi, un vero scempio perpetrato dall’uomo moderno pieno di ambizioni e materialità, accecato dalla ricchezza e ammutolito dalla politica.

Prima di tutto questo, ‘u morë dù märë era il nostro paese dei balocchi, spiaggette bagnate da un mare incontaminato, la scogliera era caratterizzata da un colle con la vegetazione mediterranea dove abbondava la pianta della liquirizia, e c’era “U trabbucchë dë Bricchë”.