Radiocronaca di un omicidio annunciato.

Ivo Sprocatti, Giuseppe De Lena e Basso Di Brino
In panchina: Ivo Sprocatti, Giuseppe De Lena e Basso Di Brino
TERMOLI – Passava la maggior parte della mattina facendo avanti e indietro davanti al mezzo busto di Iorio che aveva fatto installare – dalla parte opposta a quello di S. Basso e del quadro ad olio del Paese Vecchio – nel suo ufficio qualche mese dopo la sua elezione a Sindaco.

Erano trascorsi circa quattro anni da allora e tutto era andato per il meglio. Tanti i progetti realizzati, altri da realizzare. La Termoli Futura procedeva: era pressoché terminata la pista ciclabile e si doveva mettere mano al rifacimento del Corso Nazionale. Era stata anche eseguita la Rotonda del Porto (in verità molto criticata), la Scala a Chiocciola del porto era stata ristrutturata ed inaugurata con gran concorso di popolo. Quest’estate si sarebbe inaugurato il centro sociale alla periferia del paese. E poi, si era preoccupato di dare una sistemazione consona allo smaltimento della Nettezza Urbana con un moderno sistema tecnologico a scomparsa. E tanti altri piccoli provvedimenti e interventi che i suoi elettori avevano molto apprezzato.

E allora, perché gli dicevano di stare attento alle “idi di marzo?”. Dalle sue reminiscenze scolastiche ricordava che un condottiero romano, un…certo Giulio Cesare, era stato soppresso il 15 marzo del 44 a. C. da 23 congiurati che lo accusavano di essere despota e dittatore. “ Ma cosa centro io con Cesare?”. Pensava. E poi, era ancora febbraio! C’era circa un mese alle Idi di marzo…Gli venivano alla mente le cose omesse: il mancato rifacimento della Villa Comunale con l’annesso sottostante parcheggio o quello proposto e tecnicamente impossibile di Piazza Monumento, qualche permesso di troppo o qualche concessione ad amici. Insomma, peccati veniali. Si sentiva di aver bene operato per dare al paese la giusta dimensione di cittadina fiorente con un futuro positivo e propositivo rispetto a tanti altri centri molisani. E allora, cosa volevano ancora da lui quei politici che tramavano alle sue spalle e ora premevano di entrare nel suo ufficio? D’accordo per i quattordici componenti della minoranza, dai quali, per aver bene operato, avrebbe voluto, giustamente, almeno “l’onore delle armi” che si dà al nemico che si è battuto con onestà. Ma, tra i congiurati, aveva intravisto anche tre o quattro facce di personaggi, cosiddetti “amici”, cioè dello stesso partito!

Entrarono, gli si avvicinarono con aria minacciosa e gli dissero di dimettersi, altrimenti…altrimenti sarebbero stati costretti a passare alle vie di fatto. Basso Antonio si portò nei pressi del busto di Iorio e non riuscì neanche a profferire parola che arrivarono i primi colpi alla schiena. Barcollò…chiese, incredulo, il perché di tanto accanimento. Ma le sue implorazioni risultarono vane. Perse ogni speranza quando tra i congiurati si accorse che c’era anche uno che lui aveva sempre ritenuto il più affidabile, che aveva amato quasi come un figlio. Quando questi gli si avvicinò e affondando la daga nel petto e guardandolo negli occhi disse : “Muori, dittatore!”, Basso Antonio non sperò più di farla franca. Si ricordò, allora, della storia di Giulio Cesare e, anche se non erano le Idi di Marzo ma…quelle “di febbraio”, capì ch’era giunta la sua ora. Si coprì il volto e gettandosi ai piedi della statua (come Cesare ai piedi di quella di Pompeo) pronunciò la famosa frase, (in italiano, però, perché il latino non lo conosceva) :” Anche tu, Ivo, brutto figlio mio!”. E cadde…”come corpo morto cade”… ai piedi di colui che quattro anni prima, con uno stesso stratagemma politico aveva fatto cadere la giunta del Sindaco Greco.

In politica, come nella vita, suole dirsi: “Chi la fa, l’aspetti!”, anche se, in questo caso merita, come uomo, certamente  “l’onore delle armi”.

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