L’altro giorno Antonio è venuto meno ma i suoi insegnamenti semplici ma profondi continueranno a vivere insieme a noi. Insieme a quella parte di molisani che non si vergognano della propria storia, che sono orgogliosi di essersi battuti per una vita contro le ingiustizie dei potenti che nel dopoguerra in Molise si chiamavano Giacomo Sedati, Girolamo La Penna, Bruno Vecchiarelli o Remo Sammartino. Negli anni cinquanta quando arrivava un galantuomo in un piccolo paesino c’era chi gli baciava le mani, il prete impartiva una solenne benedizione e la campane suonavano a festa. Ma c’era anche chi non si toglieva la coppola quando questi passavano, chi organizzava le Camere del Lavoro per chiedere scuole, assistenza sanitaria, acqua nelle case, terra ai contadini. I partiti di sinistra provavano a opporsi alle discriminazioni e nelle loro sezioni insegnavano a leggere e scrivere ai cittadini. Il Papa scomunicava i comunisti, senza il consenso del prete non potevi emigrare in America e negli anni successivi non potevi essere assunto nelle amministrazioni pubbliche o alla FIAT.
Solo gli amici degli amici godevano dei diritti di cittadinanza per gli altri c’erano le miniere del Belgio, il bracciantato o il lavoro in edilizia. Eppure in tanti, come Antonio o Donato Del Galdo, hanno scelto di soffrire ma non hanno rinunciato alle loro idee fino alla fine. Non si sono venduti. Sono rimasti al loro posto orgogliosi dei propri valori. In questi giorni in cui vengono celebrati potenti e latitanti, in cui si riscrive la storia politica molisana a senso unico come se non fosse mai esistito un altro pensiero, voglio soffermarmi con fierezza sugli insegnamenti politici di un uomo semplice, Antonio Martino, uno dei tanti che con la loro vita hanno scritto un capitolo diverso delle vicende della nostra terra.
Il Coordinatore Regionale della Segreteria
Michele Petraroia