
Solita sosta al primo autogrill in autostrada, incontro con gli altri due pulmanns provenienti da Campobasso e Isernia, il saluto con gli altri, il panino preparato e offerto dagli attivisti della Fiom, un po’ “gommoso” ma sempre gradito. Percepisco una gestualità del saluto oserei dire recitata, senza la passionalità e l’emozione del passato.
Ore 14:00_Roma, Piazza della Repubblica. Inizia il corteo che lentamente si snoda verso via Barberini – Viale Trinità dei Monti – P.zza del Popolo. Mi pare un fluire silenzioso che, senza fretta e quasi svogliatamente, avanza verso la meta. Il frastuono, i rumori e le chiassose allegorie sono solo un lontano ricordo. Durante tutto il tragitto mi assale una sensazione acre ed un conflitto nella mente: i cambiamenti sono parte di me o sono realmente vissuti dai miei compagni odierni? Tutto mi appare spento, lento senza la passione e la forza del passato e mi chiedo se la deriva nei diritti indotta dal Jobs Act comincia a fiaccare o comunque ad indebolire.
Ma poi in piazza, dopo un caffè furtivo in un bar in cui servono due ragazze probabilmente rumene, circostanza segno dei nuovi tempi, si diffonde la voce di Stefano Rodotà. Timbro pacato ma deciso; gli argomenti e i contenuti pian piano ti scuotono e ti riportano al tuo credo. I valori su cui hai plasmato la tua vita ideologica, si riappropriano progressivamente di te. Quindi Landini. Quanta l’energia sprigionata nella difesa dei diritti del lavoro o meglio, come specifica, dei lavoratori-cittadini. Una visone del mondo del lavoro modernamente diversa ma né conservatrice né retrò.
L’emotività torna ad assalirti e sconfina nell’ovazione quando, al termine del suo intervento, senti la citazione di “…un prete conosciuto negli incontri di preparazione alla manifestazione odierna. Questo prete ha detto più o meno: se durante il tuo cammino incontri per strada qualcuno, non chiedergli da dove viene, piuttosto chiedigli dove va e, se è diretto verso la tua stessa meta, cammina insieme a lui…” Il prete a cui si riferiva Landini era don Silvio Piccoli che aveva pronunciato quelle parole la settimana precedente nell’incontro a Termoli.
Ed allora nel mio animo sono tornati serenità e convinzioni. Mai abbandonarsi a tristi e facili egoismi, mai procedere individualmente nella solitudine e nell’apatia perché, come scritto su una maglietta indossata da una ragazza nel corteo, “capii allora che per cambiare il mondo bisogna esserci_ Tina Anselmi”.
Così, ho recuperato il sapore della piazza.
Mario Di Blasio