TERMOLI _ L’attacco ai lavoratori e al ruolo e alla natura del sindacato perpetrato attraverso la sottoscrizione dell’accordo quadro separato sulla riforma degli assetti contrattuali, siglato da Governo, Confindustria e sindacati filo-padronali, apre di fatto la strada alla liquidazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e si spinge oltre, fino allo snaturamento della contrattazione collettiva. Oltre agli effetti devastanti sulle condizioni materiali di vita e di lavoro di tutti i ceti deboli, infatti, il senso generale dell’accordo punta esplicitamente a destrutturare il terreno vertenziale in chiave di compatibilizzazione con gli assetti futuri del bipartitismo capitalistico, a partire dal tentativo di disporre le cose in modo da finire per sfumare progressivamente il piano della conflittualità, in favore di un nuovo quadro concertativo.

Sul piano economico il depotenziamento del CCNL passa attraverso il tentativo di ridurlo a strumento di semplice adeguamento dei salari non all’inflazione vera, bensì a un tasso convenzionale riferito a parametri europei (IPCA), per di più depurati delle spese energetiche e persino dei ticket, programmando con ciò la discesa costante dei salari reali già pesantemente falcidiati. Quanto agli sbandierati “benefici” sul piano del II livello di contrattazione -quello aziendale cosiddetto di “produttività”, di cui godono una minoranza dei lavoratori dipendenti- va sottolineato che a definirlo, per quanto riguarda i dipendenti privati, saranno i riferimenti “economici” aziendali di produttività in relazione al raggiungimento degli obiettivi di competitività e andamento economico dell’impresa, mentre per i dipendenti pubblici i vincoli saranno “gradualità” e “compatibilità della finanza pubblica”.

Tutto dire insomma e, pur nella meno pesante delle ipotesi, tutto certamente molto risibile rispetto alla devastazione sociale che comporterà tale accordo. Sul piano dei diritti, a rivelare la vera natura dell’accordo basterebbero, tra altre cose di analoga pesantezza, il pratico impedimento dell’esercizio del diritto di sciopero per il sindacalismo di base nelle aziende del servizio pubblico e, più in generale, il blocco di qualsiasi possibilità di scioperare durante la fase di “gestazione” della trattativa. Il Partito della Rifondazione Comunista del Molise, ribadendo la pericolosità di tali disegni politici repressivi e ristrutturativi del sistema capitalistico -in cui si evidenzia ancora una volta la corresponsabilità del Partito Democratico- si attiverà promuovendo tutte le iniziative atte a contrastare questo “massacro” sociale ed economico, che colpirà i lavoratori e i ceti deboli, a partire dal sostegno dello sciopero generale di alcune categorie indetto per il 13 febbraio prossimo.

Il Partito della Rifondazione Comunista del Molise fa appello a tutti i cittadini, ai Partiti di Sinistra, ai Sindacati (CGIL, Cobas, autorganizzati, ecc.) e ai movimenti sociali, per costruire un fronte unitario di mobilitazioni e di lotta sociale, insieme a tutti i lavoratori che non chinano il capo ai voleri del padronato e vogliono contrastare il nuovo modello di sfruttamento estremo e sottopagato che va affermandosi nel nostro Paese.

                                                                                                                         PER LA SEGRETERIA REGIONALE PRC
                                                                                                                                      Antonello Manocchio

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3 Commenti

  1. IL CARO MANOCCHIO E’ DIVENTATO SEGRETARIO REGIONALE GRAZIE A 29 VOTI DEL SUO CLUB,…..BIONDI E’ DIVENTATA ASSESSORE CON “0” VOTI, E PARLANO DI RAPPRESENTATIVITA’,SE SIETE TANTO BRAVI SUPERATE IL 4 PER CENTO, INVECE DI LAGNARVI DALLE VOSTRE POLTRONE MOLTO…MA MOLTO IMBOTTITE