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La Rotonda delle Paranze - Porto di TermoliTERMOLI – La Democrazia, quella Cristiana, ha lasciato cattivi frutti a Termoli. Ma è mai possibile che non si riesce a prevenire un’opera prima di averla fatta eseguire? E poi, si piangono lacrime da coccodrillo!

L’assessore al traffico (credo) del Comune, ha spiegato in un articolo  che la rotonda del porto non è costata nulla perché i soldi sono della Regione che ha avuto un finanziamento che altrimenti sarebbe stato inutilizzato perduto. Di quale Regione? Del Molise, naturalmente!  E, quindi, sempre dei cittadini!

In molti mi hanno chiesto un parere. L’abbiamo vista in varie foto online. Ma non ancora la vediamo… di persona. Il soggetto di un’opera che richiamasse il duro lavoro dei nostri vecchi marinai era certamente auspicabile  in un ambiente marinaro e portuale come il nostro.

Possiamo descriverla in base alle foto pervenuteci:
“ Intorno ad una rotonda stradale, una merlatura di vago sapore medioevale –
sulla quale sono state cementate piastrelle con disegni di coloratissime vecchie paranze – copre parzialmente degli scogli, sui quali è incastrata una paranza in cemento…in marmo…non ancora riesco a capirlo bene dalle foto”.

Ne ho sentito solo critiche negative? Appena a Termoli, andrò a trovare il progettista, col quale ho già condiviso in passato critiche che ci hanno trovato concordi.

Ma come recita l’antico adagio “tot caput, tot sententiam”. Nella categoria degli architetti raramente si riesce a esprimere lo stesso giudizio su un’opera: è una deformazione professionale! Ma è proprio questo che rende nobile la nostra professione. La critica!  Deve essere, però, sempre costruttiva, propositiva e  alternativa quando occorre. Altrimenti non avrebbe senso.

D’altra parte… “Se a qualcuno non diremo cose che gli dispiaceranno non diremmo mai per intero la verità”. E’ la mia filosofia di vita che, qualche  volta, mi ha privato anche di qualche amico. Ho sempre pensato con la mia testa.

Ma torniamo alla rotonda.
Mi viene in mente una frase di Joseph Conrad, esperto in racconti sulla gente di mare, che così recita: “Una nave in darsena, circondata dalle banchine e dai muri, ha l’apparenza di una prigioniera che medita sulla libertà. Con la tristezza di uno spirito libero messo a freno”.

Ecco! La prima impressione che mi dà un’immagine del genere è di “tristezza”. Le merlature sono sinonimo di castello, di chiuso, di prigione. L’assenza della vela, poi, la pone in una posizione di disarmo: non ha dignità.  Lo scafo è molto nobile e altero, quasi arrogante, prepotente come i nostri bravi marinai. Ma una barca senza vela è come una casa vuota, senza l’afflato dei suoi occupanti, abbandonata a se stessa, senza chi la governa. Alla deriva… senza vita! La pavimentazione intorno, sempre in piastrelle – posta per segnalarla agli automobilisti – sta a significare il mare che la circonda.

‘A paranza priggioniére
Me sogne ‘na paranza morte…  a rive
cu’ mare ca je sbatte ‘nnanze ‘a prore.

Ma chjáne a cchjáne… pu’ cia porte fore:
a’mmizze ai pisce e i pulepe… arevvive!

Agavezáte‘i vèle, ‘i rète jètte  fore!
Tutte da sòle, come fosse vive…
‘N’ata paranze a baburde arrive
e pu’ ancora ‘n’ate e ‘n’ate ancore.

So’ i Marinucce…sci…sonne ’i Cellitte
e a  fianche a lore  ‘A Seste du Fecone
chille de Civorrasse stritte, stritte
a quelle du Negusse…e pu’ de Bricche…
…di’ Scirocche e… de Ginesie Carrafone.

‘Nu curtè a S. Bassele au sole spicche!

Hanne pejáte ‘u larghe…
A ‘na rive  n’ ce hanne velute stá:
hanne arecunquestáte ‘a libbértá!

La mia idea è quella di …“…una paranza che si riposa sulla sabbia…Appena tirata su con  palanchi in legno ancora sporchi di grasso…Reale, come nei quadri di Caravaggio, con il legno corroso dal mare e – con l’atteggiamento futurista delle “Forme uniche della continuità dello spazio” di Boccioni – nell’atteggiamento di  voler riprendere il largo: la prua ancora in mare e la poppa, in parte, ancora sulla sabbia … Non ancora in disarmo: la vela è issata sull’albero, le corde, le reti, tutte al loro posto. Un sistema tecnico rotante la fa dondolare nell’acqua…dolcemente. E il timone, appena immerso, provoca leggere onde che la fanno sembrare “viva”, come se fosse ancora in mare! La barca è illuminata  in controluce dal basso con faretti color verde mare (in modo che le macchine non ci vadano a sbattere!).  E’ delimitata da un piccolo cordolo che  trattiene anche la sabbia…”.La Rotonda delle Paranze - Porto di Termoli

Io, avrei lasciato in pace Gaudì e gli azulejos madrileni… Una paranza “vera”, trattata con un ottimo mordente per legno, come sa fare molto bene il nostro maestro d’ascia Umberto Ciarabellini.

Una “barca” finalmente “TERMOLESE”! Con granchi, “maruzzille, cuccelille e vavòse”, frutti di mare, cozze e vongole veraci, polipi e mazzancolle scolpiti nella roccia… incastrati nel  cordolo fatto di scogli, insieme a cippi marini e “loffe de talefine” che spuntano qua e là dalla sabbia del mare!!!

Questa sarebbe stata la “mia” paranza, che si…”muove…lievemente, specchiandosi nelle piccole onde dell’acqua che la contorna da un lato…”.

Il mondo è fatto di sogni e di segni: non sempre i sogni si traducono in segni. Come in questo caso.
Purtroppo, un’altra occasione perduta!