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CAMPOBASSO – La situazione dell’edilizia scolastica italiana è davvero difficile. 3 scuole su 4 sono fuori norma. Questa è la sconfortante fotografia scattata da associazioni ed istituti che operano nel settore. I dati in nostro possesso rappresentano, purtroppo, i risultati di un’azione politica che negli anni ha dimostrato poca attenzione alla centralità che la scuola, in tutti i suoi diversi aspetti, ricopre nella società. Il 40% degli edifici scolastici è stato costruito tra gli anni 60 e gli anni 80 e, da allora, gli stanziamenti nazionali per l’edilizia scolastica hanno seguito diversi filoni di intervento caratterizzati, peraltro, da discontinuità e frammentarietà degli obiettivi.

Attualmente, la metà degli edifici non possiede una certificazione di agibilità, più del 70% non possiede il certificato di prevenzione antincendio e meno di un terzo degli edifici in Comuni a rischio sismico ha una verifica di vulnerabilità sismica. Solo a seguito del terremoto e del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, infatti, con la finanziaria n. 289/2002 all’art. 80 è stato previsto il finanziamento di un piano straordinario per la messa in sicurezza nelle zone a rischio sismico nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche. Nel 34% delle scuole, poi, non esistono bagni per i disabili, mancano palestre, aule computer e spazi per i laboratori didattici. Un vero disastro! In un quadro generale così mal messo, il divario tra le risorse disponibili, il fabbisogno di interventi e la frammentazione di questi ultimi, è decisamente rilevante e determina la difficoltà ad attuare un piano organico di edilizia scolastica connesso alla programmazione del dimensionamento scolastico e dell’offerta formativa e a prevedere sistematici piani di manutenzione e sviluppo degli edifici. Per superare tali criticità occorre rilanciare una visione programmatica. Occorre un piano organico che non si limiti solo ad operazioni di manutenzione straordinaria e di messa in sicurezza , ma che sia anche capace di orientare uno sviluppo di lungo periodo per una scuola più moderna, tecnologicamente all’avanguardia.

Va da sé che tale piano andrebbe supportato da risorse adeguate. Non più di due settimane fa, il ministro Carrozza ha annunciato l’aggiunta nel Dl del fare l’aggiunta di 150 milioni di euro rispetto ai 300 milioni già assegnati per il triennio 2014 – 2016. Una buona notizia, certo, ma con la spalmatura di 450 milioni di euro sulle scuole di tutto il territorio nazionale non possiamo parlare di un investimento faraonico. Ancora una volta, si lavorerà sulle emergenze. Una programmazione di lungo periodo può essere attuata soltanto attraverso risorse certe e attraverso la continuità dei finanziamenti statali. Detto questo, credo che pur in un momento di grave difficoltà e di scarsa disponibilità di risorse, esista la possibilità di ottimizzare gli sforzi ma è di fondamentale importanza la condivisione di obbiettivi tra i diversi livelli istituzionali. A tal fine, e a supporto dell’attività programmatoria, il completamento dell’anagrafe dell’edilizia scolastica, uno strumento conoscitivo che, se aggiornato costantemente , consentirebbe di avere puntuali informazioni sulle caratteristiche strutturali, tecnologiche, di sicurezza e di conservazione di tutti gli edifici scolastici. Informazioni utili a costruire un quadro completo del patrimonio edilizio di ciascun ente.

Ecco allora che con un inventario di questo tipo, e in vista della soppressione delle Province, enti che detengono il maggior numero di edifici scolastici, sarebbe opportuno avviare un percorso che preveda la cessione di tutti quegli edifici, ormai fatiscenti e non più adatti ad ospitare sedi scolastiche, che ricadono in aree finanziariamente appetibili. Questa operazione permetterebbe di acquisire con più facilità nuovi stabili da adibire a sedi scolastiche più idonee, moderne e funzionali. Ci sono poi altri strumenti da prendere in considerazione per poter rendere sostenibile l’integrazione degli investimenti destinati all’edilizia scolastica. Penso ad una esenzione dal rispetto del Patto di Stabilità oppure ad una defiscalizzazione che permetterebbe, con le stesse risorse, di finanziare un numero maggiore di interventi. Certo è che occorre invertire la rotta finora seguita in materia di edilizia scolastica, riconoscendo finalmente, anche negli ambienti di apprendimento, un elemento fondamentale per il migliore sviluppo e per la migliore crescita degli studenti e della società.

Pierpaolo Nagni
Responsabile nazionale Idv settore edilizia

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