“Bisogna credere nella forza del referendum, è proprio tramite questo che ogni cittadino può attivamente contribuire al cambiamento ed è giunto il momento di dare voce a chi non crede agli spudorati proclami del berlusconismo e vuole invece riprendere in mano il destino del nostro Paese. Il legittimo impedimento sta già dando i suoi frutti, Berlusconi sfugge ai processi, svicola tra le regole e si fa beffa dei magistrati, minando alla base i principi dello stato di diritto e mostrando all’estero il peggiore degli stereotipi, quello del furbetto che la fa sempre franca. Noi non ci identifichiamo con questa ignobile caricatura e non è certo questa l’immagine che il nostro paese merita, perché crediamo che la legge debba essere uguale per tutti.
“Sostiene l’on. Di Giuseppe In secondo luogo, il referendum blocca il ritorno al nucleare. È assurdo pensare di proporre la costruzione di centrali sul nostro territorio, e non solo perché gli italiani avevano già mostrato la propria contrarietà nel 1986, all’indomani della tragedia di Chernobyl, di cui ricorre in questi giorni il ventiquattresimo anniversario. C’è chi dice che il problema della sicurezza è stato superato: ma in Francia accadono circa 100 incidenti al giorno, che si fa, si spiana la strada per un possibile disastro? La dipendenza energetica non può essere superata con il ritorno al nucleare, il futuro è nelle fonti pulite e rinnovabili, nelle quali bisogna investire. Quello che il Governo non vuole capire è che un investimento che non dia un immediato ritorno politico ed elettorale non è inutile o procrastinabile!
Impiegare risorse nella valorizzazione delle energie pulite – così come nell’istruzione pubblica e nelle nostre scuole, che invece la maggioranza si ostina ad ignorare – significa una maggiore indipendenza dal petrolio nel medio periodo e una migliore valorizzazione del nostro ecosistema. Inoltre, nessuno dei burattini del premier ventriloquo si è degnato mai di chiarire le modalità di stoccaggio delle scorie, che rappresentano un enorme problema, e nessuna autorità locale sarebbe ovviamente disposta a gestirle nel proprio territorio. Questa non è una politica seria, perché non pensa alle conseguenze di azioni e decisioni di oggi, che inevitabilmente ricadranno sui nostri giovani e sull’ambiente. Il terzo quesito referendario mira a difendere il bene più importante, l’acqua, la cui gestione è stata privatizzata con il decreto Ronchi.
Il sistema di distribuzione dell’acqua in Italia è stato fonte di gravi sprechi e la risposta del Governo qual è stata? Assecondare gli interessi privati alle spalle dei cittadini, appaltare la gestione di un bene pubblico e lucrare su un diritto di tutti. Un privato, che sia interessato ai profitti, non avrà nessun interesse a fornire un servizio nelle zone in cui i costi superassero i benefici, come accadrebbe nelle zone più isolate e difficili da raggiungere. Questa discriminazione è inaccettabile. Per di più, le tariffe aumenterebbero in maniera incontrollata e discrezionale e questo è inconcepibile, riguardo un bene pubblico d’importanza cruciale come l’acqua. Con la propria firma ogni cittadino può tornare a dare dignità al nostro territorio e all’ambiente e potrà impedire a Berlusconi di fare soltanto leggi per tutelare i suoi interessi.
On. Anita Di Giuseppe