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Mario Fratipietro
CAMPOBASSO _ E così il Molise, questa piccola regione che viene, senza troppa fantasia, costantemente assimilata ad un quartiere di Roma, è balzata di nuovo agli onori della cronaca nazionale. E ancora una volta per sottolinearne il poco invidiabile primato nella graduatoria delle regioni più sprecone d’Italia. E per tracciare l’ennesimo e poco edificante ritratto di una classe politico-amministrativa che, avendo abdicato al proprio ruolo, per demandare al “satrapo” locale tutti i compiti di cui avrebbe dovuto farsi carico, è completamente, consapevolmente e beatamente succube delle decisioni che vengono prese da un’unica persona.

Ora, per carità, trattandosi del nostro piccolo Molise, probabilmente ha anche un senso che, per la sua amministrazione, non si impieghino troppe risorse umane ed intellettuali e che venga snellita, anzi ridotta all’osso, la concertazione tra le parti interessate alla gestione di un territorio, ma, a questo punto, qualcuno dovrebbe spiegare perché, a fronte di un così ridotto numero di “teste pensanti”, ci ritroviamo a mantenere, con i fondi pubblici e con enormi sforzi, un’impressionante pletora di dipendenti regionali, dirigenti regionali, dipendenti pubblici in generale, gran parte dei quali sono occupati nel settore della Sanità.

E qui vorrei spendere qualche parola per sottolineare come il quotidiano nazionale, che oggi pubblica le “gesta” del nostro, pur presentando un elenco dettagliato delle scempiaggini compiute in ambito sanitario, non è ancora aggiornato sulle novità che ci sono in serbo per i molisani. Scommettiamo che tra un po’ potrebbe venire aperto un nuovo reparto ospedaliero, nientemeno che quello di epidemiologia? E che questo, probabilmente, potrebbe avvenire perché vi sono importanti personalità che ambiscono al posto di comando del suddetto reparto? Per contro, altri reparti, forse considerati meno rilevanti nel panorama dell’offerta sanitaria, anche se rappresentano un’eccellenza, come quello di diabetologia pediatrica, potrebbero essere destinati alla chiusura.

Forse, a questo punto, per la gente del Contado di Molise è arrivato il momento di fare un’autocritica spietata. Che senso hanno avuto questi ultimi dieci anni di governo regionale, al di là della creazione surrettizia di qualche posto di lavoro che non è servito a garantire ai nostri figli la certezza di poter continuare a vivere e lavorare nella propria terra? Che senso hanno avuto questi ultimi dieci anni alla luce di eventi che hanno colpito dolorosamente la nostra regione e i cui esiti dimostrano, in maniera lampante, quanto poco sia stato fatto perché non si ripetano più disastri simili? (Ieri, 31 ottobre, lo stesso Bertolaso, in visita a S. Giuliano, ha ribadito che, in tema di prevenzione, non si fa abbastanza, perché questa non ha un immediato ritorno in termini di elezioni, siano esse locali o nazionali). Ancora, che senso hanno avuto questi ultimi dieci anni, se a governare la nostra regione abbiamo avuto un “campione di gattopardismo”, come oggi lo definisce la stampa nazionale, a proposito della gestione fallimentare e rocambolesca della sanità?

Io, pensando al grande romanzo di Lampedusa, aggiungerei che il nostro (governatore n.d.a.) è piuttosto assimilabile a Tancredi, il giovane rampollo di casa Salina, affetto da “cecità” e che, in questa cecità, considera solamente il tempo nel quale vive e si adopera per mantenere ciò che, in questi angusti limiti, appare importante: il prestigio, il potere, la ricchezza, il successo e così via.

Senza neanche un minimo e consolante accenno di sguardo lungimirante sulle prospettive di sviluppo per la nostra terra, “in balia di un’economia assistita più che produttiva”, come riportano i quotidiani odierni. Se ho deciso di affidare alla stampa questo commento agli articoli apparsi sul quotidiano nazionale è soprattutto perché ho provato un insopprimibile moto di fastidio quando l’articolista, citando Vinicio D’Ambrosio, autore di un libro sugli sprechi e gli scandali della nostra regione, ha detto, in parole povere, che ai molisani tutto ciò scivola addosso, senza lasciare traccia alcuna.

O ancora, quando definisce il Molise “un quartierino asfittico in cui tutti si conoscono e in cui quasi tutti tengono famiglia”. Credo, spero che il Molise sia altro, che non sia “irredimibile”, citando Sciascia, e che i tempi siano maturi perché all’arroganza del potere, condita dal quotidiano annullamento della volontà popolare, possa sostituirsi una voglia di riscatto che passi attraverso la legittimazione al governo di uomini migliori. Per tempi migliori (e per non occupare le pagine dei quotidiani con incontrovertibili dati di fatto che non ci fanno onore).

Mario Fratipietro, PDL

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