Carrese2016
La carrese dello scorso anno (video e galleria fotografica)
TERMOLI – Negli ultimi giorni sono stato tirato per i capelli, da più parti, perché esprimessi la mia opinione sul futuro delle carresi, alla luce della novità costituita dai contenuti della nota redatta da un funzionario apicale del Ministero della salute. Poiché di capelli ne ho pochissimi, mi affretto a rispondere, nel timore che anche quei pochi, a furia di essere tirati, abbiano a scomparire.

Dico subito che quella che pare essere una novità, non mi sembra tale o comune non mi sembra abbia salvato le carresi e con essa la tradizione. Le carresi non sono state mai messe in discussione, così come non è stata mai messa in discussione la loro valenza culturale. Anche nei momenti “bui” , quelli culminati, nel 2015, con il sequestro delle stalle, le carresi non sono state messe in discussione. Si discuteva e si discuterà al riguardo di responsabilità penali di singole persone indagate per maltrattamenti in danni di animali, con l’auspicio che alla fine della storia giudiziaria, si arriverà a sentenze di proscioglimento e sarà esclusa ogni ipotesi di maltrattamenti.

Non raccolgo pertanto il grido di dolore di chi ha visto, nell’ordinanza del 3 agosto 2016 del Ministero della salute un attentato alle carresi, nella parte in cui consentendo l’uso dei cavalli purosangue inglesi su determinati percorsi, di fatto ne escludeva l’uso sui percorsi storici lungo i quali si snodano le nostre carresi. In definitiva l’ordinanza dell’agosto del 2016 , non negava la possibilità di “correre”. Negava la possibilità che ad essere protagonisti della corsa fossero i cd PSI. Un cavallo di estrazione diversa poteva tranquillamente “correre” a supporto dei buoi. Affermare, come ha fatto qualcuno, che quel divieto poteva prefigurare la fine della tradizione, mi è sembrato un “fuor d’opera”, tanto più che la tradizione, se proprio vogliamo dirla tutta, non mi sembra che contemplasse come indefettibile l’uso dei PSI. La tradizione, la storia, la cultura, sarebbe stata salvaguardata anche se ad affiancare i buoi, ci fossero stati i cavalli da tiro. La novità del funzionario apicale del Ministero, nel momento in cui costui afferma che l’ordinanza dell’agosto 2016, “non sembra trovare applicazione, al caso di specie”, lo afferma in base al presupposto che i PSI “non sono utilizzati in una corsa di velocità, assimilabile alle corse in piano al galoppo”.
In definitiva viene detto, sia pure con il condimento del dubbio, che i PSI possono partecipare alla corsa dei carri solo perché quella dei carri non è una corsa. Allora mi chiedo, se quella non è una corsa che motivo c’è di adoperare a tutti i costi un cavallo che ha nella sua natura la capacità di sviluppare velocità che altri cavalli non sono in grado di esprimere. E’ come se ad accompagnare i ciclisti che partecipano al giro d’Italia, ci dovessero essere per forza auto di formula uno, le Ferrari, piuttosto che una Fiat Freemont, o una Audi A6.
Chi ha avuto la pazienza di leggermi, si sarà reso conto che non mi sono soffermato sulla valenza giuridica della “nota” del funzionario Ministeriale, rispetto all’atto normativo costituito dall’Ordinanza ministeriale. In questa vicenda mi interessa riaffermare che la tradizione non viene intaccata a secondo della qualità degli animali usati.

Quello che nella vicenda lascia un sapore sgradevole è il tentativo di distribuire meriti e demeriti. L’ordinanza del 2016 non aveva fatto morire le carresi, così come la nota esplicativa del funzionario ministeriale, non le ha fatto rivivere. Le carresi non erano morte, né sono state mai in pericolo e siccome non erano morte, nessuno le ha fatte rivivere.

Antonio De Michele
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