Prima si servivano di “balconi”, oggi gli basta un piedistallo.
MetereGesù
Saverio Metere
TERMOLI – Mio padre mi diceva sempre:”…ma fatte i fatte tu’ ca chimpe cent’anne!”. Ma io sono sempre stato curioso! Curioso di sapere cosa ci fosse  al di la del precipizio, dell’ “ermo colle” di leopardiana memoria.  Anziché darmi al commercio ho voluto studiare, laurearmi in architettura. E’ stata la mia disgrazia! Sono stato costretto a capire tante cose. I libri, la vita, le ristrettezze economiche hanno acuito il mio interesse.

La laurea era ancora una cosa seria, che dava diritto ad un lavoro. E ho lavorato, ho approfondito le cose che avevo appreso teoricamente. Qualcuno mi diceva che questa era stata la mia rovina perché cominciavo a capire tante cose alle quali prima non facevo caso. Diventavo ancora più “curioso!”. E spesso la ricerca della “verità” mi danneggiava.  “…Mi davo delle arie!”. Diceva qualcuno. Insomma ero diventato una pecora nera…anzi rossa!

Ero passato dalla parte degli umili, quelli che non avendo nulla da perdere cominciano a pensare con la propria testa. Per loro la parola “Democrazia” ha un significato preciso: poter dire ciò che si pensa! Senza offendere, senza arroganza e argomentando ciò che si dice! Questa è “Democrazia”: la consapevolezza di apportare un contributo a quanti brancolano nel buio dell’ignoranza, intesa come “non approfondimento” dei problemi.

MetereGesù PoesiaE ho messo a disposizione questo mio sapere a favore del “mio” paese, Termoli. Si, perché anche se sono ormai quasi cinquant’anni che risiedo a Milano, da Termoli non me ne sono mai andato! Il mio pensiero è sempre stato rivolto alle mie radici. 

Alla fine degli anni ’90, a Milano fondai anche un’associazione di molisani residenti in Lombardia. Si chiamava MoliSiamo. Mi ci dedicai anima e corpo, trascurando, spesso, anche il mio lavoro di architetto. Ne fui presidente per quasi cinque anni fino a che il vento del qualunquismo e dell’affarismo non la spazzò via.

Fu questo che mi convinse di continuare ad occuparmi del mio paese attraverso quel cordone ombelicale che fu la “poesia in vernacolo”. Da allora non ho più smesso e ho cominciato a descrivere le cose belle e quelle brutte. Il paese,  da lontano, non mi appariva come “…una crisalide immersa in un mare azzurro…”, come scriveva qualcuno che mi aveva preceduto. Da lontano si vedevano anche i difetti! Anzi, oltre ai pregi, io vedevo essenzialmente quelli! Con obbiettività e argomentazioni.

Nel frattempo si succedevano sindaci e Amministrazioni. La vecchia e stanca “balena Bianca” lasciava il posto a gruppi di partiti il cui mestiere era quello di fare una politica fine a se stessa. Gruppi il cui solo scopo era quello di accaparrarsi quella comoda “poltrona” che assicurava loro il potere: governare un paese che aveva arrestato il proprio sviluppo con la fine del boom economico! Il PRG del ’71 non aveva prodotto che case, ville e villette, grosse lottizzazioni di quartieri di periferia senza servizi e mezzi di collegamento. Si era però insediata la Fiat che aveva assorbito anche molta manodopera proveniente dal nord.

Il centro era rimasto “incartapecorito”, sotto quella famosa teca, dimentico di tutti i desideri d’espansione.  Il porto, che aveva avuto uno sviluppo notevole, era bloccato da una serie di inutili dragaggi. I collegamenti viabilistici, dopo l’abbattimento del viadotto della spiaggia nord, erano fermi e la circolazione ne subiva le conseguenze. In questa atmosfera stantia arrivavano i soloni della politica e della cultura che si erano posti sul piedistallo per impartire lezioni sul da farsi. Quei gruppi politici che si erano formati via via nel processo della distribuzione del potere, solevano i esprimersi con esempi difficili da comprenderne i significati. 

Non ci sono “Verità Rivelate”. La verità va ricercata, discussa, condivisa. Tempo fa c’è stato UNO che pensava di avere la verità assoluta: l’hanno messo in croce! Ed è a tutti loro, “Soloni e Sapientoni” che dedico questi versi in vernacolo termolese.

Saverio Metere
 
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Saverio Metere
Saverio Metere è nato a Termoli il 23 settembre del 1942. Vive e lavora a Milano dove esercita la professione di architetto libero professionista. Sposato con Lalla Porta. Ha tre figli: Giuseppe, Alessandro, Lisa. Esperienze letterarie. Oltre ad interventi su libri e quotidiani, ha effettuato le seguenti pubblicazioni: Anno 1982: Lundane da mazze du Castille, Prima raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1988: I cinque cantori della nostra terra, Poeti in vernacolo termolese; anno 1989: LUNDANANZE, Seconda raccolta di poesie in vernacolo termolese; anno 1993 da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume primo); anno 1995: da Letteratura dialettale molisana (antologia e saggi estetici–volume secondo); anno 2000: I poeti in vernacolo termolese; anno 2003 (volume unico): Matizje, Terza raccolta di poesie in vernacolo termolese e Specciamece ca stá arrevanne Sgarbe, Sceneggiatura di un atto unico in vernacolo termolese e in lingua; anno 2008: Matizje in the world, Traduzione della poesia “Matizje” nei dialetti regionali italiani e in 20 lingue estere, latino e greco.