
Ebbene, il primo dubbio che sorge è come mai le quote rosa sono un tema politicamente condiviso, per il quale la deputata Idv Anita Di Giuseppe esprime solidarietà e vicinanza personale, quando si tratta di condannare le scelte del Presidente della Provincia di Isernia Mazzuto e non lo è quando un comportamento evidentemente ostruzionistico e pretestuoso per l’adeguamento dello Statuto alla norma delle pari opportunità è posto in essere dalla Presidenza della Provincia di Campobasso, in odore di Idv. Questo doppiopesismo, tanto più ipocrita in quanto realizzato con modalità strumentali, di paradossale evidenza, non può lasciare indifferenti le tante donne che quotidianamente combattono contro le difficoltà sociologiche, culturali e contingenti dell’integrazione paritaria, nella politica come nelle attività lavorative.
Non c’è dubbio che nel migliore dei mondi possibili, la pari dignità, anche politica, tra uomini e donne non dovrebbe essere perseguita attraverso una riserva stabilita dalla legge: ma a meno che Contucci ed altre abbiano la residenza in una capitale del Nord Europa, è notorio che questa parità di accesso alle dinamiche politiche è ben lontano dall’essere raggiunto. E se non vi è parità di condizioni, non vi può essere alcuna parità di competizione.
Il traguardo è e resterà lontano fino a quando le donne non comprenderanno che occorre fare politica guardando agli obiettivi comuni, di genere, che ci riguardano, e non aderendo a posizioni di comodità partitica che fanno il gioco dei propri colleghi. Mentre noi discutiamo dell’ovvio, si allontana nell’indifferenza generale l’obiettivo di raggiungere entro il 2010 il tasso del 60% di occupazione femminile (l’Italia è al 47%, oltre 10 punti in meno della media europea, e poco più della metà della popolazione maschile).
Noi donne dovremmo riappropriarci della consapevolezza che determinate politiche sociali, quelle a cui fa riferimento la stessa Contucci, possono essere messe in campo e perseguite solo da nostre rappresentanti, che vivono la necessità di raggiungere pari opportunità nel lavoro e nella società: gli strumenti di welfare, le politiche di stampo sociale, i correttivi mirati alla flessibilità ed alla integrazione dei ruoli di lavoratrice e di perno familiare che fanno capo ad una donna, sarebbero attuati certamente con maggiore efficacia se la maggioranza delle donne avesse la capacità e la volontà di fare squadra attorno a grandi temi di interesse condiviso.
Interventi come quelli che ho letto, che riportano nella logica della diatriba partitica e personalistica un tema che dovrebbe invece considerarsi patrimonio comune, dimostrano quanto alcune donne (poche, voglio sperare) siano lontane dall’aver compreso l’importanza di una leale cooperazione. Gli uomini, c’è da giurarci, ringraziano”.
Avv. Erminia Gatti