TERMOLI _ In merito alle notizie diffuse in queste ultime ore relative al caso di suicidio, mi preme fare un intervento sia come giornalista che come consigliere nazionale dell’ordine e sono mosso dal fatto che noto molto spesso che, da una parte le regole relative alla Carta di Treviso e le norme inerenti alla professione giornalistica, ma anche le metodologie personali, meritano una profonda riflessione su quel che concerne fatti di cronaca che diventano frequenti anche nella nostra piccola realtà. Una riflessione, la mia, che parte da un’esigenza non di insegnare qualcosa a qualcuno, ma di agevolare il lavoro e di far riflettere chi si avvia alla professione, giornalisti e studenti delle scuole di giornalismo.
E in particolare come giornalista e direttore di giornale, ma questa è una mia scelta, non ho mai pubblicato cose del genere e mai mi sono accanito a fornire particolari su fatti di suicidio e quando mi sono trovato di fronte a episodi di cronaca con un minore ho sempre utilizzato “le pinze” perché la Carta di Treviso raccoglie una serie di norme che salvaguardano in tutto e per tutto il minore. Come consigliere nazionale dell’ordine, invece e in particolare in merito a un caso che sta caratterizzando la cronaca degli ultimi giorni, sono dell’avviso che i giornalisti devono rispondere da una parte ad un’essenzialità dell’informazione e di tentare di non arricchire la notizia di tutta una serie di particolari che servono ben poco e dall’altra, fatto molto grave, occorre evitare in ogni circostanza, sempre e comunque, la possibilità di emulare un gesto come il suicidio di un minore. Per questi motivi credo che sia in ogni caso poco opportuno, poco elegante e contrario alla mia deontologia accanirsi su un fatto di cronaca che ha visto protagonista un minore, fatto che dovrebbe far riflettere tutti coloro che forse trasformano in sensazionalismo una vicenda strettamente personale che poco ha a che fare con il diritto di cronaca e di informazione.
Mi voglio augurare che tutta la categoria rifletta, che episodi del genere non si ripetano. Vorrei che le autorità preposte, prima quelle regionali e poi quelle di Roma, ci dicano se sia tollerabile e lecito un comportamento del genere.
Vincenzo Cimino
consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti
concordo con Vincenzo Cimino, consigliere nazionale dell’ordine dei giornalisti. La Carta di Treviso è troppo spesso ignorata o dimenticata in Molise da gente che si definisce giornalista ma dimentica volutamente o per ignoranza le regole più elementari della professione
La Forza del Buon Senso
Sono un piccolo editore che da molti anni si occupa di comunicazione. Sono preoccupato dalla deriva in cui le ultime vicende di cronaca stanno portando la professione del giornalismo, ritengo gravissimo che si arrivi, come successo in questi giorni per un episodio di cronaca che ha coinvolto una splendida ragazza, a spettacolarizzare la vicenda. Si parla tanto delle regole deontologiche che possono essere dettate anche dal “buon senso” e non solo da una Carta di “buoni intenti”. Quel buon senso che manca e non provo remore a indignarmi quando delle semplici regole, sono calpestate. Raccontare la verità significa mettere sempre al centro della notizia la persona non per ingenerare sospetti o per soddisfare la curiosità del lettore.
Purtroppo la realtà di oggi detta altre regole, come diceva una nota scrittrice fiorentina: «Se ci fermassimo a considerare ciò che ha buon senso e ciò che non lo ha, ciò che è possibile e ciò che non lo è, la terra smetterebbe di girare. E la vita perderebbe il suo scopo».
La puntualizzazione di Vincenzo Cimino mi trova completamente d’accordo e spero che sia un punto di partenza per fare delle riflessioni a “voce alta” sulla deontologia della “vostra “ professione.
A mio avviso ci vuole molto più buon senso ad avere “buon senso”.
Tony Cericola
rispetto
Ringrazio Vincenzo per questo articolo. Sono rimasta molto colpita dalla indelicatezza riguardo questo episodio.La mia solidarietà alla famiglia, agli amici della piccola.La mia richiesta di rispetto ai vicini, ai conoscenti a chi si sta “riempiendo la bocca” di dettagli impropri, di accuse dettate dalla voglia di sentirsi partecipi di fatti che nessuno, forse neppure chi li ha vissuti direttamente, potrà mai realmente spiegare e comprendere fino in fondo.