Antonio Di Pietro
SAN GIULIANO DI PUGLIA _ “Era il 31 ottobre 2002 il giorno in cui, alle 11,32, la terra a San Giuliano tremò facendo crollare, fra le altre, anche la scuola: restarono schiacciati sotto le macerie 27 bambini della prima elementare insieme alla loro maestra, Carmela Ciniglio. Si trattava, come è noto, di una scuola già pericolante, mai collaudata dopo una ristrutturazione criminosa, distrutta totalmente dal sisma, mentre le altre case avevano subìto forti crepe ma erano rimaste intatte. Come sempre accade in questi casi, anche l’allora presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, promise che, assolutamente, entro 24 mesi, gli abitanti avrebbero ricevuto «nuovi appartamenti funzionali, innovativi, costruiti secondo le nuove tecniche della domotica, in un ambiente verde» .

Il presidente dell’Italia dei Valori, on. Antonio Di Pietro ripercorre così le tappe di quanto accaduto a San Giuliano di Puglia a seguito del sisma del 2002. Lo fa nell’ambito di un’interrogazione parlamentare ai ministri delle infrastrutture e dell’economia, in cui chiede di fare luce su quante come siano state effettivamente utilizzate le risorse dello Stato destinate alla ricostruzione.

Un reportage recentemente pubblicato dal quotidiano “La Repubblica, a firma di Barbara Spinelli – riferisce Di Pietro – rende bene l’idea dello scempio edilizio e infrastrutturale compiuto a San Giuliano di Puglia, definito dalla stessa Spinelli un «ciclopico esperimento urbanistico» carico di bruttura e disumanizzazione di tutto il tessuto cittadino, con relativo spreco di denaro pubblico che ancor oggi comporta oneri per lo Stato. Fontane monumentali – continua – scalinate in pietre pregiate, strisce pedonali non dipinte ma di marmo, a ridosso della piazza una strada inutile, addirittura in porfido, un vasto parco della memoria che ricorda quello dell’olocausto a Berlino, una scuola esagerata che potrebbe ospitare migliaia di bambini e invece ne accoglie non più di 98, una piscina olimpionica (in un paese abitato, per la maggior parte, da anziani), un palazzo dello sport, una strada di 700 metri che gira intorno alla città costata 5 milioni di euro, un auditorium, una succursale dell’università del Molise, anch’essa esagerata, un centro polifunzionale necessario all’accademia. Un lungo elenco di opere inutili a dimostrazione di come, in nome di disposizioni emergenziali – denuncia Di Pietro – si sia consentito di eludere leggi e gare d’appalto per la costruzione di opere morte, fatte e chiuse (come la sede universitaria al cui posto ora c’è un call center), con un impegno economico, a quanto si apprende, di un miliardo di euro in 10 anni, un fiume di denaro pubblico”.

Articolo precedenteAl via lavori di bitumazione in via delle Acacie da parte del Comune
Articolo successivoRoberto Ferraris è il nuovo Presidente della Fipe Confcommercio