Non nascondiamoci dietro due foto storiche.

ColleSantAntonio2017
Il costone di piazza Sant’Antonio

Termoli ha una ricca collezione di fotografie storiche che ne documentano, a chi li sappia leggere, dettagliatamente gli sviluppi (nel bene e nel male) nel tempo. Come per altri materiali documentari possiamo considerare tre diversi usi che se ne possono fare.

Uso neutrale: è il più comune e non fa danni. Le foto vengono utilizzate per quadri, calendari e strenne sfruttandone semplicemente il valore estetico. Il più delle volte chi le usa non si pone nemmeno il problema del loro significato e della loro datazione, come se una foto dei primi anni del ‘900 fosse la stessa di una del dopoguerra.

Uso positivo: le foto vengono utilizzate per il valore documentario che hanno, perché segnalano situazioni che si sono modificate nel tempo. Il confronto tra fotografie scattate in tempi diversi può evidenziare le progressive trasformazioni avvenute. Da questo punto di vista le foto storiche -come anche le cartoline che sono più facilmente databili- diventano fonti d’archivio importanti che possono costituire “termini di riferimento” intorno ai quali articolare i vari avvenimenti. Una città che presti una vera attenzione alla sua storia dovrebbe avere un fondo d’archivio di immagini consultabili e costantemente aggiornabile alla luce delle continue scoperte. A Termoli un simile archivio manca.

Uso negativo: le foto vengono utilizzate in maniera spregiudicata per giustificare un intervento ancor più spregiudicato. Le foto del corso, scelte tra quelle nelle quali mancano gli alberi, sono state utilizzate per giustificare l’espianto degli oleandri. Le foto del giardino di S.Antonio sono state usate per riproporne un fantasma; la foto del colle di S.Lucia per legittimare volumetrie esagerate di calcestruzzo.

Non perdiamo tempo a discutere sulle differenze tra scarpata e falesia; il problema è che il paesaggio da tutelare è quello che nel suo complesso è arrivato a noi. La torre di Pisa ha cominciato a piegarsi già mentre veniva costruito il primo piano e poi ha continuato. Cosa facciamo, la raddrizziamo? Nelle dichiarazioni di principio e nelle procedure relative al “restauro del paesaggio” sono previsti correttivi, rimodellazioni del territorio, perfino trasformazioni più impegnative ma sono nettamente bandite operazioni di sostituzione delle (non importa se) scarpate e falesie con mastodonti edili, sbancamenti di volumi che potrebbero riempire il Liscione, trasformazioni del tessuto urbano per realizzare una spianata più grande della piazza Rossa.

La Soprintendenza ha espresso parere negativo? Ha fatto bene. Vuol dire che ci sono ancora funzionari attenti e impegnati nella tutela del paesaggio e del patrimonio culturale. Vuol dire che c’è ancora chi svolge (per fortuna) il proprio lavoro senza scendere a quei compromessi che, proprio quando c’è stato cedimento a interessi di parte, hanno permesso alcuni degli sfasci di cui oggi dovremmo vergognarci.

Mentre continuiamo a bearci delle vecchie fotografie messe in cornice sarà bene riflettere sul fatto che la città nella quale viviamo avrebbe potuto essere migliore se, al tempo delle foto, maggiori fossero state le attenzioni. Proprio le foto storiche ci ricordano quali violenze ha subìto il paesaggio e quali rischi corre. Sarà bene rendersi conto che la città di domani potrà essere meglio con piccoli interventi correttivi alla città di oggi (non riservati ai soli tecnici ma coinvolgendo tutta la comunità) e se ne avremo maggiore cura. Evitando progetti come quello del tunnel.

Luigi Marino

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