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Alberto Montano
Alberto Montano
TERMOLI – Dal 2007 il Molise è entrato nel cosiddetto Piano di Rientro dal disavanzo sanitario. Dopo 6 anni il dato economico certificato dalla Ragioneria Generale dello Stato indica che, rispetto ad un incremento di spesa di oltre il 7% tra il 2002 e il 2006, c’è stato prima un vistoso rallentamento dell’incremento della spesa (+2,9%) tra il 2006 e il 2010 e poi finalmente l’inversione di tendenza con un -1,6% di spesa tra il 2010 e il 2012.

Partendo da questi dati e facendo prevalere il ragionamento puramente economicistico che ha guidato la politica sanitaria di questi anni potremmo dire che ci avviamo verso un modello di sanità sostenibile che costituisce l’obiettivo finale da raggiungere. Potremmo dire che lo sforzo fatto da tutti gli attori del pianeta sanità in questi anni, a partire dal precedente Governo Regionale, vari Direttori Generali, strutture commissariali, ecc., abbia portato frutto. E questo frutto ha permesso lo sblocco finanziario di risorse per molto tempo bloccate e di cui l’attuale Governo Regionale appena insediato, senza neanche capire bene di cosa si parlava, si è apprestato ad attribuirsi i meriti. Ora rimane da capire se l’azione a cui è stato sottoposto il Servizio Sanitario Regionale nel suo complesso in questi anni non porti in realtà alle stesse conseguenze che toccarono a quell’asino che morì proprio nel momento in cui il padrone si congratulava con sé stesso per avergli insegnato a non mangiare più.

Il risultato di questa cura è sotto gli occhi di tutti. Delle due grandi aree su cui si sviluppa l’assistenza sanitaria, quella Ospedaliera e quella della Medicina del Territorio, l’una è praticamente al collasso sostanziale, l’altra non è mai partita efficacemente e diffusamente sul territorio, ma vive di pochissime esperienze positive a macchia di leopardo sul territorio regionale, inserite in un contesto fortemente asfittico, non in grado di dare risposte adeguate alla popolazione e insufficiente a ridurre il ricorso all’Ospedale come unico luogo di cura e assistenza. Perché accade questo? Perché come con l’asino della storia si è preteso e si pretende tuttora di mantenere in piedi sempre la stessa rete di strutture ospedaliere pubbliche togliendo però loro progressivamente ogni risorsa necessaria ad un corretto funzionamento in termini di personale, tecnologie, forniture, investimenti, grazie ai tagli lineari esercitati. Questa miopia programmatoria ha ridotto tutte le strutture pubbliche regionali a scheletri senza carne che sopravvivono solo grazie al sacrificio di tutti gli operatori sanitari che fanno molto più di quanto possibile ma che lavorano in un contesto che non è più in grado ormai di garantire una sanità almeno dignitosa. D’altra parte lo sbilanciamento assistenziale verso le strutture di ricovero private del Sistema Regionale, che vede quasi il 45% delle risorse assorbite da tale settore, rappresenta un unicum in tutto il territorio nazionale anche rispetto a realtà come la Lombardia in cui il privato è consistente ma si ferma a quote di molto molto inferiori.

E in questo sistema ridotto al lumicino dove trovare le risorse per far partire davvero l’assistenza territoriale con le sue Case della Salute, i Presidi Territoriali di Assistenza, le Residenze Sanitarie, l’assistenza a domicilio e così via? E’ necessario dunque che prima che l’asino esali il suo ultimo respiro il padrone rinsavisca e si abbia la capacità di fare ciò che non riesce a fare e cioè una seria e corretta programmazione per le strutture ospedaliere pubbliche con una riduzione effettiva del loro numero e una concentrazione delle risorse di personale, tecnologie e forniture nei presidi esistenti; una riduzione dello sbilanciamento pubblico-privato presente anche nell’ultimo piano regionale del commissario Basso; un potenziamento effettivo della medicina del territorio in particolare nelle aree dove gli ospedali devono essere convertiti in strutture distrettuali a garanzia di una adeguata assistenza della popolazione afferente. Questo per una politica sanitaria vera nell’interesse del popolo molisano che non faccia morire l’asino mentre ci si perde in battaglie di retroguardia ormai superate dalle cose e dalla realtà.