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Luigi Marino
TERMOLI – La questione “tunnel” (con i diversi risvolti che contiene e i segnali che offre) può essere vista secondo varie ottiche e interpretata in tanti modi. Sono coinvolti aspetti che riguardano l’architettura, l’urbanistica, la tecnologia, l’archeologia, l’antropologia ma anche la gestione della cosa pubblica e, in maniera sempre più pressante, la politica culturale.

Il progetto, sovradimensionato e privo di ricerche preventive che lo giustifichino, appare come la prosecuzione di interventi già fatti e ci danno una idea di come sarà quella parte di città oggetto di “rinnovamento”. O almeno di quella parte che resterà a disposizione pubblica. Le conseguenze si estenderanno, in tempi brevi, ad altre parti di Termoli perché gli interventi del Pozzo Dolce faranno scuola e legittimeranno altri incontrollabili interventi da parte degli interessi privati. Per molti aspetti può succedere che “si svuota di senso la dimensione urbana. Il risultato è che gli spazi accessibili al pubblico diventeranno molto più deboli. Dove prima i territori erano governati da amministrazioni pubbliche ora lo sono dalle corporation” (Sassen, 2016).

Il progetto sembra dare indicazioni via via più chiare su come si svilupperà una parte della città, “senza luoghi” in evidente contrasto con l’esistente. Quando saranno date adeguate informazioni sugli interventi previsti sotto terra? Quegli interventi che rappresentano un furbo consumo di suolo e di (sotto)suolo e che sono i risultati della compensazione tra comune e costruttore? Ma non potrebbe essere, sotto forma diversa, quella “riclassificazione” efficacemente analizzata da un libro bianco di qualche anno fa?

Ve lo immaginate lo splendido panorama sul mare e sul Borgo che si potrà avere dagli ipogei residenziali previsti? Provate a immaginare, però, anche il desolante panorama che si avrà dal Borgo verso queste catacombe.

C’è una parte di città che rischia di diventare un esteso villaggio turistico (le palme, mi raccomando!) che, oltretutto, la proverbiale attenzione alla manutenzione ordinaria e il senso civico dei Termolesi provvederà a far deperire più velocemente di quanto non riescano a fare salsedine e umidità. Le scelte progettuali sembrano seguire una effimera ma costosa moda del momento.

Le nuove piazze assomiglieranno al corso Nazionale (per scelte funzionali, materiali e soluzioni costruttive) e alle altre strade in corso di “rinnovo”? Gli “arredi urbani” saranno gli stessi? Il rischio più immediato è che l’arredo urbano diventi una specie di coperta messa su un divano passato di moda o un po’ scalcagnato. Cosa ne sarà di quei tralicci metallici e di quelle vetrate tra qualche anno (che così belli -ma distanti dalla realtà- appaiono nel rendering)?

Lo spostamento verso forme di turismo improvvisato e non sostenuto da una crescita culturale diventa una (provvisoria) fonte di reddito che può creare vantaggi immediati per chi li gestirà ma, allo stesso tempo, rischia di rendere la città più vulnerabile e creare una nuova barriera economica e sociale tra quello che starà fuori (gratis: le piazze, le giostrine e le aiuole-posacenere) e quello che starà dentro (a pagamento: gli appartamenti interrati, le attività commerciali, i posti macchina …).

Una città a dimensione umana (per i turisti di passaggio ma, ancor prima, per quelli che vi risiedono) ha bisogno di spazi articolati riempiti di storie e non di spianate da parate militari. Ma avete visto che ridicoli e tristi sono gli spazi recintati dei bar del corso Nazionale? Tanti Fort Apache “rassicuranti” mentre orde di pellerossa continuano l’assedio. Le aree pubbliche saranno costose per la comunità che dovrà mantenerle mentre quelle private, anche grazie ai nuovi usuranti attrattori di traffico veicolare e pedonale, daranno alti redditi e diventeranno poli dinamici di crescita imprenditoriale.

Il turismo può rappresentare, soprattutto nelle aree in via di sviluppo, uno dei principali strumenti per una crescita culturale ed economica ma, di fatto, costituisce la prima e più pericolosa fonte di deperimento delle risorse culturali locali e del patrimonio ambientale (fonte: Unesco).

S.Sassen ha osservato che “… del tutto sproporzionata è … una città dominata da giganteschi complessi edilizi … fortezze protette da muri sorte una volta eliminati quartieri, strade e parchi”
Quale attenzione sarà posta agli elementi che, stratificati nel tempo e a rischio crescente di scomparsa, caratterizzano la città storica (fino alla ferrovia) e quella antica (il Paese Vecchio)? Il borgo sarà ancora utilizzato (anzi sovra/utilizzato) soltanto come arena estiva per i cantanti di turno (ben vengano ma, sia chiaro, la politica culturale non è questa) e palestra invernale per bande di piccoli teppisti? Non sarebbe il caso di impegnare qualche energia in più (il problema di soldi è solo un alibi) per una politica mirata alla crescita culturale e allo stimolo verso una partecipazione civile che potrebbe contribuire a realizzare una vera consapevole collaborazione tra cittadini e amministrazione?

Riconosco volentieri che la città presenta alcuni miglioramenti. Mi chiedo, però, se non sarebbe preferibile sostenere una politica a scala controllata e, di fatto, più umana con la collaborazione dei cittadini (a quando un vero efficace coinvolgimento della scuola?) abbandonando quelle idee faraoniche che, come molte esperienze insegnano, sono destinate a creare disagi e costi di lungo tempo per la comunità.

Forse, se la comunità venisse stimolata a una maggiore partecipazione (ben vengano i dibattiti, se realmente pubblici e preventivi a decisioni così delicate per la città) potrebbe modificare alcuni comportamenti: per esempio rinunciando ad arrivare in centro con mezzi propri e dimostrando un maggiore interesse per la manutenzione e valorizzazione consapevole dell’esistente.

Termoli corre il rischio di restare, comunque, un paesone di periferia, anche se avrà un tunnel e una enorme piazza.

Luigi Marino

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2 Commenti

  1. Tunnel SI o Tunnel NO
    Non intendo pronunciarmi a favore o contro l'”operazione Tunnel” sostenuta a spada tratta:
    – dal Sindaco;
    – dalla complicità dei suoi consiglieri capaci solo di alzare la mano a comando e non di argomentare la loro posizione;
    – dal silenzio dei politici o politicanti termolesi che si arricchiscono in Parlamento, in Regione o con qualche incarico di partito.
    Intendo solo invitare tutti a riflettere su questo ennesimo intervento di Luigi Marino che, prima di essere un architetto, un tecnico ed un professore universitario, è indiscutibilmente un sincero e disinteressato termolese.

  2. meditare
    L’intervento di Peppone invita a meditare: quanti tecnici, architetti ed ingegneri, fanno parte dell’attuale Amministrazione comunale che sostiene “l’operazione tunnel”? Può un Sindaco che di mestiere fa l’avvocato (ed in tale professione obiettivamente non primeggia fra i colleghi alcuni dei quali di valenza documentata da rilevanti successi) competere tecnicamente con un architetto, professore universitario e disinteressato termolese?