TERMOLI – Mentre il mondo è scosso da problemi come il cambiamento climatico, l’inquinamento globale, i movimenti separatisti, le guerre etniche ed i conseguenti flussi migratori, nella nostra felice Italia, tutti questi argomenti così noiosi li abbiamo sostituiti con i continui gossip tra filo e anti governativi, che ricordano spettacoli teatrali ispirati alla prima scuola Goldoniana.
Anche nel Molise il nostro Presidente, ossessionato dal voler diventare commissario di una sanità che si avvia a diventare di “proprietà” dei privati, ci rallegra con vuote e roboanti dichiarazioni, citazioni altisonanti e perfino con vaticini mutuati direttamente dalla sibilla Cumana.
A livello locale, infine, troviamo l’autoctona scuola teatrale del Basso Molise, che ultimamente si è cimentata nella farsa dello “scalo ferroviario”, in cui i due attori, principali ma non certo protagonisti, sono l’ex Sindaco Sbrocca ed il Sindaco Roberti.
Tentando di seguire le loro dichiarazioni, a parte gli scambi di reciproche accuse, non si ha modo di capire con chiarezza quale sia il progetto complessivo, tanto dell’uno che dell’altro, su un tema strategico non solo per la città di Termoli ma per gran parte della nostra regione.
È palese che lo scalo ferroviario di Termoli sia un importante snodo logistico per una regione che di certo non brilla per vie di comunicazione, ma che, di contro, è ricolma di continue diatribe politico-campanilistiche, prive di reale consistenza pratica.
Dando più importanza all’unione delle stazioni invece che alla prioritaria unione delle popolazioni, si è parlato di spostamento dello scalo ferroviario termolese fuori dal centro cittadino, di interramento dei binari, di eventuali pannelli antirumore, con visioni molto settoriali del problema, come se questo tema lo si potesse relegare ad una mera bega paesana.
Senza far tesoro di precedenti esperienze, anche in località non troppo distanti, si è riproposto il tema dell’ “espulsione” della stazione ferroviaria di Termoli dalla città, senza proferir parola sullo spostamento o meno della tratta ferroviaria dal centro e senza indicare quali eventuali altre zone i rumorosi treni dovrebbero “disturbare”.
La località indicata, contrada Marinelle, ha indubbi problemi di scarsi collegamenti viari con i quartieri di Termoli e Campomarino, oltre al ben noto problema alluvionale. Su quest’ultimo si è addirittura assistito alla critica alla rovescia verso RFI, rea di voler realizzare un ponte invece di un terrapieno nella valle del Biferno nell’intento di diminuire il rischio “tappo” in caso di un’eventuale esondazione del fiume Biferno.
Riteniamo che senza far assumere a tale infrastruttura un ruolo centrale in una città, il suo declino, dovuto al disuso, sarebbe inevitabile, come accaduto alla vicina stazione Vasto-San Salvo.
Alla luce del fatto che gli stanziamenti per il raddoppio della tratta pugliese-molisana a binario unico sono stati già interamente ripartiti e che solo una quota molto piccola è stata riservata al tratto “termolese”, risulta evidente che i fondi siano assolutamente insufficienti per uno qualsiasi dei “faraonici” progetti proposti e non vi sia alcuna speranza di far rientrare gli ulteriori milioni necessari all’interno della spesa dell’ormai prossimo cantiere ferroviario.
In vista di una richiesta di un adeguato finanziamento per la realizzazione di un progetto separato riguardante il “nodo Termoli” e partendo anche dalla convenzione del 2006 che lo ha per oggetto, sentiamo quindi di dover suggerire un diverso approccio al problema che, attraverso un dibattito anche prolungato, possa essere foriero di cambiamenti di ampia portata nei rapporti tra le comunità del Basso Molise.
L’idea della creazione della stazione unica posta tra Termoli e Campomarino assumerebbe infatti contorni nettamente diversi se posta in un ottica di riorganizzazione urbanistica ed amministrativa.
Procedendo alla fusione dei due comuni in un’unica istituzione e trasformando il luogo prescelto in un fulcro sia logistico che amministrativo, si potrebbe stabilire di instauravi le varie sedi della nuova istituzione comunale. Si stimolerebbe così una riorganizzazione urbanistica in grado di trasformare la zona in un luogo centrale e mediano fra i “quartieri” della nuova città.
Tale nuova istituzione comunale – da costituirsi in controtendenza ai recenti disfacimenti delle Unioni dei Comuni – verrebbe ad assumere anche un ruolo di ben altro spessore all’interno della Regione Molise, bilanciando il peso delle due città sedi di provincia che stanno tentando di spogliare il nostro territorio di ogni servizio, come dimostra anche il nuovo piano sanitario in discussione.
Sfruttando anche gli incentivi nazionali destinati ai comuni che si fondono tra loro, si potrebbero implementare servizi amministrativi ancora migliori per la nuova realtà bassomolisana.
La nuova dimensione territoriale e di popolazione consentirebbe anche di interloquire con RFI con maggior forza per risolvere il problema del tracciato ferroviario; problema che potrebbe essere ricordato come “scintilla costituente” di una realtà amministrativa in grado di garantire un futuro migliore ai nostri cittadini.
Propongo quindi alla comunità ed ai politici di valutare questa idea, affrontando la sua discussione in maniera laica, priva di pregiudizi e di spinte campanilistiche, con l’obiettivo finale di valutarne i costi ed i benefici.
Un simile cambiamento che avrà, a mio parere, un impatto molto positivo sulle comunità che faranno parte della nuova citta metropolitana di “BIFERNIA” .
Avv. Simone Coscia
componente assemblea regionale Partito Democratico
iscritto associazione Partecipazione Democratica