Alberto Montano
Alberto Montano
TERMOLI _ Chi ricorda il sussidiario delle scuole elementari degli anni ‘60 e le nozioni di geografia che il maestro ci illustrava rammenta con certezza gli Abruzzi e il Molise studiati come un unico territorio regionale. Nella costituzione del 1948, l’articolo 131, che riguardava l’ istituzione delle Regioni, elencava infatti tra le altre Regioni gli Abruzzi – Molise come unica entità istituzionale. Solo grazie alla fierezza della classe politica regionale e alla determinazione con cui essa riuscì ad interpretare il desiderio di riconoscimento dell’identità del popolo molisano e dell’autonomia del territorio del Molise, attraverso iniziative e battaglie politiche, dopo 15 anni, nel 1963, fu promulgata dal Parlamento la legge costituzionale in cui fu variato l’articolo 131, separando nell’elencazione delle Regioni il Molise dagli Abruzzi.

Certo non è immaginabile pensare che l’anomalia costituzionale del riconoscimento di una regione di così piccole dimensioni e di poca popolazione sia passata nel Parlamento dell’Italia di allora attraverso ragionamenti di carattere economico. Prevaleva nella politica di allora, così come nella società, ancora l’espressione dei valori popolari e ideali della cultura, della storia, della tradizione e della solidarietà nazionale tra territori diversi per sviluppo e ricchezza. Da quel mondo, da quella società, da quella politica, oggi ci separa una distanza siderale. Cinquant’anni hanno determinato una rivoluzione mondiale economica e sociale le cui conseguenze stanno travolgendo gli assetti sociali, politici e istituzionali di tutta Europa, e l’Italia, come paese, ne è interessata quanto se non più degli altri, così come le Regioni che ne rappresentano l’architrave territoriale.

In un momento così complesso e difficile, le scelte di politica economica di tutti i governi nazionali europei, e non solo, sono obbligate ad un rigore senza precedenti e impongono un’ assunzione di responsabilità collettiva che investe indistintamente il mondo politico, quello imprenditoriale ed industriale, i sindacati, così come le amministrazioni locali e ogni singola famiglia. Ad ognuno è chiesto di rivedere il proprio comportamento e rinunciare a spese, sprechi e privilegi non più sostenibili e dannose per la collettività. In questo scenario di lacrime e sangue e, sostanzialmente, di maggiore povertà del paese in cui non vi sono più risorse da distribuire a perdere, la scelta di rendere effettivo il Federalismo fiscale (di fatto già esistente per la Sanità, il settore economicamente più rilevante nelle voci di spesa regionali) può portare ad una spinta così fortemente centrifuga da determinare una deflagrazione dell’intero sistema sociale. Lo spettro della rottura del patto di solidarietà nazionale tra regioni e territori più ricchi del Nord e meno ricchi del Sud, che è stato possibile mantenere per decenni grazie all’esistenza di una politica centrale ed unitaria, diventa sempre più reale.

Non ci illuda l’attuale fronte apparentemente unitario delle Regioni che tutte insieme in questi giorni alzano la voce contro il Governo, perché di fronte al dato economico così grave che imporrà al Parlamento l’approvazione della manovra economica, ogni Regione dovrà affrontare, immediatamente dopo, i problemi che ne derivano. Ogni Regione, comprese quelle più ricche e sviluppate del Nord, avrà da fare i propri conti e i propri tagli e dovrà affrontare le tensioni sociali che ne deriveranno. Nessuno sostanzialmente accetterà di concedere risorse per consentire ad altri territori di mantenere organizzazioni e strutture impossibili da sostenere solo con le proprie risorse fiscali o sistemi dispendiosi ed eccessivi rispetto al territorio e alla popolazione.

In questo quadro il Molise, dopo cinquant’anni ( che sembrano tanti tanti di più) è chiamato nuovamente a difendere la propria autonomia e la propria identità. A nulla valgono oggi i ragionamenti e le azione politiche che allora convinsero il Parlamento a riconoscere il Molise come territorio di cultura, storia, tradizioni ed espressione geografica e di popolo autonomo. Per questo non possiamo veramente credere, come abbiamo ascoltato di recente da parte di qualche esponente regionale, che balbettando qualche parola sulla peculiarità montana del nostro territorio o sull’esistenza di 136 Comuni, la maggior parte abitata da una o alcune centinaia di abitanti, convinceremo qualcuno a derogare o a concederci credito e danaro per mantenere un sistema nato e strutturato in un’ epoca politica, economica e sociale che oggi non c’è più.

E’ indubbiamente ammirevole la capacità politica del presidente della Regione, che in questo periodo ha utilizzato molto bene il ruolo rivestito nella Conferenza Stato-Regioni e ha animato il fronte unitario delle Regioni nel tentativo estremo di modificare i tagli alla spesa previsti e recuperare più risorse disponibili per le i bilanci regionali. Al di là degli asfittici proclami di qualche esponente della sinistra molisana e al di là anche del ritardo su alcune scelte politiche che dovevano essere fatte con maggior coraggio e determinazione dalla classe politica regionale, Iorio non può in questo momento essere lasciato solo in questa difesa strenua a favore del Molise, perché il Presidente sta difendendo gli interessi del proprio popolo e della propria terra.

L’importante è che alla conclusione di questa battaglia, e comunque vada, tutti dovremo essere convinti che l’ autonomia del Molise si difende oggi non con le dichiarazioni di principio come cinquant’anni fa, ma solo con la capacità di trasformare la nostra piccola Regione in un modello di buon governo. Un modello dove la politica e le scelte siano virtuose e lungimiranti, in cui la chiusura di qualche ospedale, ad esempio, permetta finalmente il recupero di risorse e la reale possibilità di assistere i nostri anziani nella propria casa in uno dei 136 comuni del nostro Molise. L’autonomia stavolta non si giocherà sulla concessione o sul riconoscimento da parte di altri dei valori di cui siamo portatori, ma solo sulla capacità della nostra classe politica regionale, sull’efficienza dei nostri amministratori e sulla maturità del nostro popolo. 

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